Arrivi: Nemanja Bjelica, Otto Porter Jr., Andre Iguodala, Chris Chiozza, Jonathan Kuminga (Draft), Moses Moody (Draft)
Partenze: Eric Paschall, Alen Smailagić, Kent Bazemore, Kelly Oubre Jr, Nico Mannion
Depth Chart
PG: Stephen Curry, Jordan Poole, Damion Lee
G: Klay Thompson, Moses Moody, Chris Chiozza
SF: Andrew Wiggins, Otto Porter Jr., Jonathan Kuminga, Andre Iguodala
PF: Draymond Green, Juan Toscano-Anderson, Nemanja Bjelica
C: Kevon Looney, James Wiseman
Come far fruttare stagione passata e offseason
La stagione 2020/21 si è conclusa anzitempo per i Warriors, rimbalzati contro il muro del play-in per ben due volte. Ma non dimentichiamoci, ad un miracolo di LeBron James dal raggiungimento della postseason nella prima delle due sfide spareggio. Insomma, i playoff ad un soffio, nonostante gli infortuni, la ricostruzione, l’assenza di Klay Thompson.
Certo, Stephen Curry è reduce da un campionato eroico, e all’interno del laboratorio di Golden State alcune cose non sono andate bene, ma altre sono apparse decisamente da salvare nella rincorsa della seconda metà di regular season.
Andrew Wiggins ha dimostrato maturità per poter rendere da pedina funzionale del sistema, disputando un ottimo campionato e candidandosi ad un ruolo centrale nello starting five di Kerr anche per il 2021/22. Jordan Poole e Damion Lee non solo hanno fatto registrare prestazioni offensive sorprendenti, dimostrando di poter recitare ruoli decisivi in second unit, senza peccare in posizionamento e letture fondamentali per sopravvivere bene a fianco di Steph. Stesso discorso per Juan Tosano Anderson: inesperto, a tratti grezzo, nel finale non sempre in grado di reggere la pressione, ma contemporaneamente dimostrante di poter stare in NBA, grazie a grinta ed attitudine.
Insomma, c’erano basi solide di connessione con i “Warriors della meraviglie” (l’atteso ritorno di Thompson e la conferma dell’alfiere Green), una serie di underdogs ideali come backup dei titolari, un giovane come James Wiseman tutto da scoprire, da accompagnarsi con due scelte in lottery per il Draft a seguire (divenute i talentuosi Kuminga e Moody).
E quindi: via Oubre Jr. dimostratosi troppo lontano dal mood richiesto, e dentro Otto Porter Jr. e Bjelica Insieme al ritorno dell’immortale Iguodala, soprattutto per tappare i buchi in avvio.
Tutto bene, in prospettiva. Soprattutto se l’idea è crescere e trasformarsi, non disperdendo le basi del sistema Kerr, ricostruendo senza passar altro tempo nei bassifondi più cupi della Western Conference.
Peccato però per quella Luxury Tax da coprire – di gran lunga la più onerosa della lega – già pagata negli ultimi anni, ma mai così alta. Difficile pensar di passare attraverso una sanzione simile, senza poter puntare al massimo della posta in gioco. E quindi fissare un’asticella al raggiungimento della quale si può esser soddisfatti, realisticamente può apparir sempre troppo bassa per la pena economica da espiare.
Ma anche con tutto l’amore del mondo, con i migliori incastri possibili ed ammettendo che tutto vada per il meglio, immaginarsi questi Warriors tra le contender stagionali significa parlare per utopie.
A maggior ragione se il rientro di Thompson è previsto per la fine dell’anno o addirittura gennaio, l’infortunio di Wiseman è ancora distante da una risoluzione, e nel frattempo Kuminga sarà costretto a posticipare il suo esordio nella NBA.
Riuscendo comunque – e tra l’altro per un soffio – a risolvere positivamente l’affaire Wiggins, ed il suo primo rifiuto verso la vaccinazione, giocando in una città che vieta l’accesso a facilities e arene a chiunque scelga di non farsi inoculare (legittimo, secondo i protocolli NBA).
Tra nuovi arrivi e old school
Malgrado la riapparizione di Iggy e l’attesa per Klay, è indubbio che dobbiamo definitivamente toglierci dalla mente cosa sono stati i Warriors negli “anni dieci”, e puntare a qualcosa di diverso.
Almeno che un buon numero di giocatori a roster vengano impacchettati per una stella di rilievo, entro la trade deadline. Ma appare improbabile.
Di sicuro, Stephen Curry rappresenta però una costante anche lontanissima dal tramontare, ed il modo in cui ha concluso la pur inutile preseason (inutile per importanza, si intende), lo dimostra ampiamente.
Discorso analogo per Jordan Poole, determinato a proseguire a passi da gigante in una stabilizzazione importante della sua carriera: per lui 21,8 punti in 22 minuti di impiego nelle amichevoli precedenti all’avvio delle ostilità. Non certo da buttar via, a livello di indicazioni.
In attesa dei “giovani” che meritano un capitolo a parte, sarà importante capire come gli emergenti dello scorso campionato riescano a confermarsi, in uno scacchiere tattico incerto dove è necessario inserire anche i nuovi arrivi. Non Avery Bradley però, ultimo arrivato nel mercato estivo e primo a partire a poche ore dalla opening night, tagliato insieme a Mychal Mulder, Gary Payton II e Jordan Bell.
In questo l’aggiunta di Otto Porter Jr. offre coperture importanti, soprattutto in ottica “chiusura delle partite”, dove non sempre Wiggins può risultare funzionale per accoppiamenti in ambo i lati del campo. E nonostante la buona prima stagione nella baia disputata.
Tra gli esperimenti attuati da Kerr in preseason, un quintetto con l’ex giocatore di Bulls e Wizards, accompagnato da Poole e da un Bjelica impiegato da centro, a supporto del pick and roll tra Steph e Draymond. Due che si trovano ad occhi chiusi, da anni. E che potrebbero necessitare di un contorno capace di ampliare le spaziature, per pericolosità dalla distanza dei lunghi, in grado di saper anche favorire la circolazione di palla. Magari sacrificando difesa e atletismo rispetto ad un quintetto con Wiggins e Looney.
Insomma, tatticamente Otto Porter Jr. può presentarsi anche come closer ideale in certi momenti, attendendo il ritorno degli Splash Brothers e augurandosi che Wiseman possa riuscire ad inserirsi sia offensivamente che difensivamente nel medio termine.
Moody, Kuminga e Wiseman
I pochi sprazzi dimostrati da Wiseman nella sua sfortunata prima stagione, non possono che far ben sperare, o quantomeno giustificano la volontà di “andare a vedere le carte”. Perché di voci che lo definivano sacrificabile all’altare di una trade che avrebbe portato nella baia una quarta stella per accompagnare i tre senatori, ne abbiamo sentite tante in offseason.
Si tratta di un ventenne titolare di 213 centimetri in altezza, in grado di segnare da tre punti, di attaccare il ferro con atletismo e addirittura di portare la palla all’occorrenza. Certo, al college ha appena disputato 3 partite ed appena 39 nella sua stagione d’esordio tra i professionisti, per appena 21 minuti di impiego. Che si tratti di un talento acerbo con tanto da lavorare, è indiscutibile.
Ma strutturalmente appare il prototipo perfetto per inserire il lungo ideale che il sistema Warriors del passato non ha mai avuto, anche perché tendenzialmente è un buon rimbalzista e con quel corpo che si ritrova è in grado di difendere il ferro con efficacia. È solo questione di capire il posizionamento offensivo, e apprendere quelle letture difensive necessarie per non essere appena uno “stoppatore naturale” o poco più.
Insomma, si tratta di una scommessa che vale la pena fare, soprattutto in un momento in cui puoi comunque disporre di Curry, Green e Thompson nel pieno delle loro forze (rispetto a quest’ultimo, si spera). A livello di sacrificio durante il suo inserimento, il rischio è minimo, e se non dovesse funzionare rappresenta comunque un buon asset da proporre in una trade eventuale. La futuribilità resterebbe comunque conclamata.
Il discorso è analogo guardando ai due rookie pescati nell’ultimo Draft. Jonathan Kuminga ha la solidità e l’esplosività per diventare importante in attacco e decisivo in difesa. Il problema è che attorno ad un talento naturale ed un fisico importante, è necessario perfezionare quei punti che appaiono fondamentali se si deve giocare per Steve Kerr e a fianco di Stephen Curry: concentrazione difensiva, capacità di saper giocare off the ball, selezione nelle scelte offensive.
Insomma un Wiseman in piccolo, che allo stesso modo potrebbe ritardare il suo esordio ufficiale a causa di un fastidio al ginocchio capitato in preseason, da rivalutare per comprenderne l’entità. Dopo essersi messo comunque ben in mostra sia nelle due gare disputate, che nella precedente Summer League, per quel che può contare.
E Moses Moody non si è dimostrato da meno, rappresentando il prototipo ideale del prezioso “3&D” tanto ricercato nella NBA odierna. Partendo tra l’altro dalla necessità di gestire la palla in mano il meno possibile in attacco, calcolando i vistosi difetti di ball handling che lo contraddistinguono e che son difficili da risolvere alla lunga. Ma si tratta comunque di un non ancora ventenne, è bene ricordarlo sempre.
Eppure pur essendo spesso stato impiegato con le rotazioni di rinterzo in preseason, ha dimostrato una fiducia nel tiro di assoluto interesse. E per un coach come Kerr che ha costruito il suo successo attorno alla costruzione di ottimi tiri con tiratori efficaci, non possono che manifestarsi prospettive interessanti. Anche perché può essere un discreto role player da subito, con sprazzi di crescita tutti da costruire, ma immaginabili senza grandi voli di fantasia.
Il giocatore da seguire: Klay Thompson
È chiaro che le velleità di successo – o meglio di completamento del potenziale tangibile – di squadra, passano tutte da Klay Thompson e dal suo ritorno. Perderlo per due stagioni consecutive è apparso devastante, evidenziando la sua preziosità nello scacchiere tattico dei Warriors, se mai ce ne fosse stato bisogno.
Capire quando può tornare, è il tema più urgente. Il rischio di una falsa partenza di squadra determinata dalle assenze, può anche portar i Warriors a velocizzare i tempi nel finale, magari sottovalutando alcuni dettagli. Anche perché dover recuperare un passivo importante, potrebbe risultar faticoso in un contesto dove bisogna forzatamente inserire giocatori inesperti, non tutti subito disponibili (come già detto). Ma si tratterebbe di un errore palese.
Importante sarà che Klay rientri in campo nel pieno della fiducia sui suoi mezzi, e quindi con la mente sgombra dall’infortunio ed il corpo pronto a funzionare per come lo ricordiamo. Da lì in poi, serviranno probabilmente minutaggi contingentati e pazienza, augurandosi che le coperture a roster siano in grado di sostituirlo in modo sufficiente.
Insomma, dapprima sarà il “quando” e poi, una volta risolto, diventerà urgente capire il “come” rientra, sperando di non veder lasciato per strada niente del giocatore strepitoso che ricordavamo. Anche nel sostenere la difesa dei Warriors.
Un giocatore simile non può che essere attesissimo, e quindi meritar tutta l’attenzione del caso. Anche quando non sarà ancora abile di scendere il campo. Il record stagionale dei suoi dipende anche dal suo impatto, la stagione scorsa – con uno Steph solitario in modalità MVP – lo ha confermato ancora di più.
Ambizioni e pronostico
In conclusione, ritorniamo al primo paragrafo: con lo sforamento del cap ed una Luxory tanto onerosa, difficile considerar di successo una stagione che si concluda con un primo turno playoff.
Eppure per incertezze, sfortune e necessità di amalgamare il “vecchio” con il “nuovo” (sia questo costruito negli ultimi due anni, o proveniente dagli ultimi Draft), realisticamente il ritorno in postseason con una rotazione di otto giocatori affidabili da cui ripartire, è l’obiettivo primario.
Se tutto va bene, questa è una squadra che può puntare anche al quinto piazzamento di Conference.
Di contro, funzionassero poco le scommesse, giocarsi l’accesso nuovamente al play-in diviene il minimo accettabile. A patto che il karma negativo si interrompa, e la sorte torni a sorridere nella baia. Perché dovessero susseguirsi fastidi, ricadute e infortuni – con una partenza disastrosa, magari – esiste anche un’ipotesi che veda i Warriors attorno alle 30/35 vittorie stagionali.
E alla luce del tutto, sarebbe un disastro.
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