Anche per questa edizione, il Draft NBA ci ha lasciati a bocca aperta tra conferme e sorprese lungo tutto il corso dell’evento. A poche ore dalla fine è già il momento di tirare le somme e provare a giudicare l’operato delle squadre che sono state impegnate in circa quattro ore letteralmente infuocate.
Questo esercizio di stile è veramente complesso se consideriamo tutte le variabili che entreranno in gioco a partire da oggi. Capire se un prospetto avrà una carriera di tutto rispetto con la franchigia che l’ha selezionato è al limite dell’impossibile, ma è giusto fare un tentativo anche solo per inquadrare le prime sensazioni delle squadre protagoniste.
I vincitori
Orlando Magic
Gli Orlando Magic escono da trionfatori da questo draft. La scelta di Barnes alla #4 da parte dei Raptors dà un’opportunità ghiottissima di prendere Suggs alla #5. Suggs è il prospetto solido che serve a Orlando, e per quanto vada ad affollare un reparto con Hampton e Fultz, ha il talento per essere un All-Star e dare una spinta in avanti alla franchigia. Scelta perfetta, inaspettata e forse anche un po’ fortunata.
Con la 8 arriva Franz Wagner, ala di Michighan, fratello di Mo, già presente nel roster di Orlando. Il tedesco è un giocatore estremamente interessante, con capacità difensive notevoli, soprattutto data un’altezza intorno ai 210 cm. È versatile e intelligente, ha un gran feel for the game e sa passare il pallone. I dubbi sono piuttosto sul tiro, che è parecchio altalenante. Inoltre, Franz fa fatica a crearsi opportunità facili al ferro e usa poco la mano sinistra. Il fit però sembra buono, e il talento fa sperare in qualcosa di più di un solidissimo giocatore: forse al posto dei Magic avrei scelto Moses Moody, ma la scelta del tedesco e quella di Suggs li rendono tra i vincitori indiscussi del draft.
Queste mosse potrebbero significare per i Magic l’inizio di una nuova vita dopo lo stallo perpetuo che ha caratterizzato il recente passato. Aggiungere due giocatori tanto solidi quanto promettenti ad un gruppo già molto giovane potrebbe permettere ad Orlando di sperare in un futuro decisamente più interessante.
Charlotte Hornets
Dall’arrivo di Mitch Kupchak come General Manager, gli Charlotte Hornets hanno messo in fila una serie di draft veramente entusiasmanti e si sono confermati durante l’evento di questa notte. La prima mossa arriva poco prima di iniziare con l’acquisizione di Mason Plumlee e la scelta #37 in cambio della #57. Il più classico dei salary dump per i Pistons, con Charlotte che ha offerto il proprio spazio per assorbire il contratto, guadagnando un’ottima scelta e aggiungendo un centro a rotazione per tamponare una ferita aperta da molte stagioni.
Con la chiamata numero 11, la dirigenza ha optato per chiamare James Bouknight da UConn, un esterno dal grande talento che molti vedevano con una buona sicurezza nella top 10 di questo draft. Alla scelta #19 gli Hornets effettuano la loro seconda mossa della serata: a New York va una chiamata futura (con protezione più che soddisfacente) e a Charlotte approda Kai Jones, lungo di Texas University dall’upside esagerato.
Nel corso del secondo giro arrivano anche JT Thor alla #37 e Scottie Lewis alla #56, due ottimi difensori ancora molto giovani e tutti da sviluppare. Se lo scorso anno gli Hornets erano una delle squadre più spettacolari grazie alla creatività di LaMelo Ball e all’esplosività di Bridges e Washington, l’aggiunta di questi quattro atleti può solo amplificare il dinamismo di una squadra che sarà tra le più giovani di tutta la lega.
Non sarà facile per Charlotte sviluppare questi talenti senza pagare un po’ in termini di vittorie e per questo motivo, a meno di sorprese, è lecito pensare che la dirigenza abbia optato per rallentare un po’ il percorso che lo scorso anno li aveva visti tentare con decisione l’approdo alla postseason. Kupchak ha capito che il gruppo dello scorso anno necessitava di un’ulteriore iniezione di talento e ha quindi optato per decisioni abbastanza rischiose e che necessiteranno di un po’ di tempo per arrivare allo sviluppo totale.
Atlanta Hawks
Entrando in questo evento, la franchigia della Georgia aveva sostanzialmente bisogno di due cose al draft: un playmaker di riserva e un’ala che aggiungesse qualcosa di diverso da quanto già offerto dai vari Hunter, Reddish e Gallinari.
Scegliendo alla #20 e alla #48, senza trade o movimenti vari, Travis Schlenk è riuscito a colmare entrambe le mancanze. Tanto basterebbe per fargli avere una sufficienza ma i due giocatori scelti, grazie al loro mix di possibile contributo nel breve-medio termine e upside, gli sono valsi uno dei voti più alti del draft.
Con la pick numero 20, gli Hawks hanno scelto Jalen Johnson. Dopo una stagione travagliata, l’ex Blue Devil ha visto le sue quotazioni scendere decisamente in sede di draft, ma Johnson rimane un prospetto molto interessante e Schlenk non se lo è lasciato scappare. Con la sua taglia e il suo atletismo, Johnson potrebbe essere utile fin da subito nella metà campo difensiva e, nonostante i suoi limiti offensivi, giocare con Trae Young potrebbe aiutarlo molto, permettendogli anche di sviluppare il suo potenziale.
Con la scelta #48, gli Hawks hanno scelto Sharife Cooper, realizzando quella che sembra una vera e propria “home run pick”. Cooper è molto basso anche per gli standard di un tipico playmaker ma offre un mix di playmaking e attacco al ferro quasi senza precedenti per un giocatore nel suo ruolo. Anche se non dovesse diventare un tiratore affidabile, potrebbe rivelarsi facilmente un giocatore dall’impatto simile a quello di un Ish Smith. Una scelta utile, dai rischi bassissimi e dal grande potenziale.
Approfittando delle indecisioni e dei dubbi di altre squadre, Schlenk ha scelto due ex prospetti a 5 stelle con pochi rischi e che potenzialmente potrebbero alzare di molto il ceiling della sua squadra. Un’ottima nottata per ogni tifoso Hawks.
I vinti
San Antonio Spurs
Come sempre, c’erano molti dubbi su quello che avrebbero potuto fare gli Speroni al draft.
Con una delle chiamate più inaspettate del draft, i San Antonio Spurs hanno infatti scelto Joshua Primo con la 12esima scelta.
Senza considerare il contesto, Primo è una buona scommessa: è il giocatore più giovane del draft, ha taglia, atletismo, tiro. In sostanza, è molto grezzo ma fornisce una buona base su cui lavorare nel lungo periodo.
Il modo in cui è arrivata la scelta però fa storcere il naso e solleva grossi dubbi. Innanzitutto, Primo veniva proiettato più in basso nel draft e sceglierlo direttamente alla #12 senza scendere non sembra una buona gestione degli assets. In secondo luogo, gli Spurs hanno senz’altro visto in Primo potenziale da creatore e non solo gioco da ala 3&D, perché altrimenti avrebbero potuto semplicemente scegliere Moses Moody, poco più “vecchio” ma già molto più affidabile in quel ruolo.
Questo potenziale però Primo non lo ha messo in mostra ad Alabama, una squadra che lascia molta libertà di creazione alle sue guardie, e quindi deve averlo messo in mostra in privato. Quanto ci si può affidare al contesto dei workout rispetto a quello delle gare?
La sensazione generale è che ci fossero opzioni migliori alla #12, anche se magari non offrivano potenziale da creatore. Se Primo era il loro uomo e non erano convinti dagli altri, probabilmente avrebbero potuto scendere e sceglierlo comunque, magari aggiungendo altri asset. Dopo Šamanić, altra scelta discutibile per ragioni simili ad opera di Brian Wright, i dubbi ovviamente aumentano.
Alla 41, i texani hanno scelto Joe Wieskamp da Iowa. Su questa pick non c’è moltissimo da dire: Wieskamp è un ottimo tiratore di oltre 200 cm, che ha avuto ottime misurazioni alla combine (altezza, wingspan, massa grassa, velocità, verticalità) e che aggiunge un profilo finora assente nel roster degli Spurs. Una buona scelta che potrebbe ricavarsi un ruolo in NBA.
In generale, gli Spurs hanno scelto bene al secondo giro ma ciò non basta a bilanciare i grossi dubbi sollevati dalla scelta di Joshua Primo alla #12. Sul lungo periodo magari avranno ragione loro, ma con le informazioni a nostra disposizione e con il precedente di Luka Šamanić, tutto il processo decisionale alla base della scelta appare preoccupante e non ottimale.
Sacramento Kings
Dopo l’ottima presa dello scorso anno con Tyrese Haliburton è necessario inserire, almeno per ora, i Kings tra le delusioni della scorsa notta. La motivazione principale ovviamente riguarda la decisione di selezionare Davion Mitchell con la nona chiamata assoluta, decisamente troppo in alto per quello che è il valore del giocatore in questione e rispetto ai prospetti ancora disponibili al suo posto.
Sarebbe stato di gran lunga preferibile optare per qualcosa di differente anche e soprattutto avendo osservato le lacune di Sacramento nel corso di questa stagione. Il backcourt, con Fox e Haliburton, era già sistemato, e se proprio selezionare una guardia era una necessità della dirigenza, erano ancora disponibili nomi molto più interessanti come Bouknight e Moody. L’apporto difensivo di Mitchell pagherà sicuramente nel breve periodo, ma spostando l’asse temporale un po’ più in là rimangono molti dubbi sulla sua tenuta.
La confidenza del General Manager Monte McNair ha lasciato parecchio perplessi, nella conferenza dopo il draft ha dichiarato come Mitchell fosse il best player available alla numero 9 e quindi come questa fosse una scelta abbastanza ovvia. La guardia di Baylor sarà sicuramente in grado di contribuire dal primo giorno, ma osservando la composizione della squadra sarebbe stato lecito aspettarsi un’iniezione maggiore di talento perché è veramente impensabile che i Kings possano fare strada con questo gruppo.
Al di là della coppia Fox-Haliburton, Sacramento non ha al momento altri talenti da sviluppare considerando che Bagley sembra essere in uscita. Anche per questo motivo avrebbe avuto più senso prendersi un rischio maggiore in altre posizioni del roster con giocatori come Ziarie Williams, andato alla #10 ai Grizzlies, oppure su uno dei tanti lunghi da sviluppare chiamati nelle scelte successive.
I Thunder nel limbo
Se pensiamo al draft dei Thunder, potevamo aspettarci una squadra che avrebbe speso tantissimo per entrare nella top 4 e prendere un talento generazionale per il rebuilding. Evidentemente, però, il sacrificio di Shai Gilgeous-Alexander era la richiesta delle squadre in cima alla lottery, e giustamente Presti ha deciso di rifiutare. Non c’era interesse intorno alle numerose pick di OKC, perché l’obiettivo di una squadra dopo una stagione di tanking è arrivare in top 3 e a quel punto è folle cedere la scelta per sperare in una scelta più alta in futuro. E così i Thunder si ritrovano a scegliere alla #6, con Cade, Green, Mobley, Barnes e Suggs già presi.
Nonostante i rumor parlassero di Bouknight, Presti a sorpresa sceglie Josh Giddey, talento australiano dal feel for the game altissimo e miglior passatore del draft. Giddey è una scelta che prosegue l’idea di scegliere giocatori giganti in grado di giocare con la palla in mano. I dubbi sono sul tiro, da aggiustare, e sulla difesa, in cui il giovanissimo australiano, che ha un anno in meno di Cade Cunningham, non ha brillato anche per limiti fisici. Ma scegliere giocatori dall’elevato IQ cestistico non è mai una brutta idea, soprattutto se sono giovani e hanno le skill di Giddey, che accanto a Pokuševski e Shai promette sicuramente spettacolo.
Presti poi non ha fatto trade-up con la #16 e con la #18, ma ha anzi ceduto la prima delle due a Houston. Questa decisione non fa impazzire, ma era evidente che i Thunder non volessero tre rookie al primo giro. L’offerta dei Rockets è buona, ricavare due scelte al primo giro di Pistons e Wizards, la prima nel 2022, l’altra nel 2023 è decisamente un bel colpo. Le scelte sono protette, ma a meno che Pistons e Washington siano le peggiori squadre della lega fino al 2027, si ricaveranno un paio di scelte tra la 10 e la 20. Era disponibile un talento enorme come Şengün, ma se l’idea è di non prenderlo ha senso estrarre valore.
Con la #18 una scelta non scontata, Tre Mann, tiratore pazzesco, guardia che può completare il backcourt, anche alla luce della possibile cessione di Kemba. C’erano molte scommesse disponibili, Jalen Johnson su tutti, ma Presti ha scelto finalmente un tiratore affidabile e un creatore secondario che potrà fare bene.
Il secondo giro è etichettabile come flop. Le scelte 34 e 36 sono perfette, perché ci sono ancora delle scommesse disponibili, JT Thor su tutti. Fare trade-up alla 32 con queste due scelte per scegliere un giocatore che potrà essere al massimo un role player è una decisione rivedibile. Jeremiah Robinson-Earl è un lungo, solido in difesa, capace di passare la palla ma non di tirare bene. Se si correggono un paio di problemi nella meccanica potrebbe saper tirare, ed è proprio la fiducia in questo sviluppo che ha convinto Presti ad investire due scelte.
In ogni caso il rookie è lento, non particolarmente atletico e fatica a difendere il pick&roll. I giocatori in uscita da Villanova falliscono raramente, ma secondo me avrebbe avuto più senso scommettere sul talento puro, a questo punto del draft.
Wiggins alla 55 ci può stare, è a un tiro e a un anno in G League di distanza dall’essere un role player da regular season.
Presti non sceglie mai in modo scontato, e il primo giro è positivo, ma l’impressione è che ai Thunder non sia arrivata la quantità di talento che ci si aspettava. Per questo è un draft a due facce, non totalmente negativo, ma sotto le aspettative.
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