Otto appunti sul secondo mese NBA

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Copertina di Sebastiano Barban

Siamo ormai quasi ad un terzo di una stagione NBA che ha offerto poche sorprese, salvo forse la risurrezione dei Golden State Warriors (nel Power Ranking li avevo messi tra le contender con Klay, ma di certo non me li aspettavo così prima che Thompson rientrasse) e la partenza col freno a mano tirato dei Lakers (di nuovo, me li aspettavo al di sotto delle attese del pubblico ma non così tanto). Ciononostante la stagione sta offrendo diversi spunti, come ogni anno. Immergiamoci in quello che è successo nell’ultimo mese di NBA.

Un Turner al sole

La storia di Shams Charania uscita su The Athletic qualche giorno fa è stata un piacevole diversivo ai trade rumors riguardanti Ben Simmons: a quanto pare, gli Indiana Pacers sono pronti ad ascoltare offerte per LeVert, Sabonis e Turner, tre dei quattro giocatori più pagati a roster (Brogdon ha esteso da poco il proprio contratto e non potrà dunque essere scambiato prima del prossimo anno). Subito dopo l’uscita della notizia, sia LeVert che Turner hanno espresso il loro desiderio di rimanere a Indianapolis anche se Turner, in un’intervista rilasciata a Jared Weiss, si è spinto oltre, esprimendo il desiderio che il suo ruolo offensivo venga ampliato, aggiungendo anche è chiaro che qua vengo valorizzato come role player e nulla più. Voglio più opportunità.”

Interpretando le dichiarazioni, pare abbastanza evidente che Turner voglia un ruolo maggiore e lo voglia ad Indiana. Per non avere in casa uno scontento, ed in cambio vedere il suo trade value ridotto, Carlisle ed il coaching staff hanno risposto in fretta. Nella gara contro i Knicks, Turner è stato usato da rollante molto più del solito.

Nella gara contro Dallas, seconda dalle dichiarazioni, Turner ha avuto anche dei giochi in post chiamati apposta per lui:

Capisco bene la volontà di avere un ruolo maggiore (guarda caso giusto qualche mese prima che inizi la finestra di una possibile estensione contrattuale), ma a mio modo di vedere Turner rimane un giocatore in grado di fare benissimo una cosa, proteggere il ferro quando si trova lì nei paraggi (e solo quando si trova lì, come si può vedere anche dalla clip sottostante), e di farne bene un’altra, dare spaziature soddisfacenti per un 5.

Giocatori che sanno fare bene un paio di cose e che hanno tendenzialmente bisogno degli altri per rendere in attacco vengono solitamente definiti role player, e Turner dovrebbe abituarsi a questa definizione, a meno di importanti salti di qualità nei prossimi anni. Turner ha probabilmente negli occhi il ruolo avuto nelle ultime due stagioni durante la coesistenza con Sabonis, ma forse si dimentica delle due stagioni precedenti in cui Sabonis usciva dalla panca e il 5 titolare era proprio lui. Il percorso che ha portato Sabonis ad essere un due volte All-Star è stato molto più complesso di quello che Turner ha dovuto affrontare nella sua carriera, in cui si è trovato ad essere il 5 titolare di una squadra da playoff praticamente da subito (eccezion fatta per la maggior parte del suo anno da rookie, in cui il 5 titolare era Mahinmi).

La verità è che Turner è rimasto, bene o male, lo stesso tipo di giocatore dal secondo anno nella lega in poi. Ha aumentato il volume e la precisione da 3, è diventato un migliore rim protector, ma se quattro allenatori hanno tutti ritenuto che non avesse uno skillset tale da giustificare giochi chiamati per lui in un contesto non disfunzionale o che non potesse essere qualcosa di più oltre ad una terza/quarta opzione offensiva, qualcosa di vero ci deve pur essere. Con buone possibilità, Turner non ha abbassato il suo trade value con queste dichiarazioni, ma ha probabilmente fatto rizzare le antenne a quelle franchigie che danno particolare valore ai giocatori con consapevolezza del proprio ruolo in squadra.

Mobley ha aggiustato la difesa dei Cavs

Ero alto su Mobley nel pre-draft, meno alto di altre persone su Draft Twitter, ma credo decisamente più alto della media. Per me per fine anno Mobley era diventato una sorta di no brainer alla numero due, ho criticato i Rockets illo tempore per averlo passato e col senno di poi avrei dovuto farlo in maniera più severa: Evan Mobley è il miglior rookie che io abbia mai visto sul lato difensivo del campo, ed il secondo è parecchio distante.

Ho cercato una metrica difensiva di cui mi fido che non avesse Mobley tra i primi 10 difensori della lega: non l’ho trovata. Per RAPTOR, Mobley è il terzo difensore per impatto nella lega (dietro Gobert e Caruso), e stesso dicasi per l’estimated plus minus di Dunks&Threes (dietro Green e Payton). Per Cleaning The Glass, è nel 91esimo percentile per on off dal lato difensivo. Insomma, avete capito: Mobley è con buona probabilità sin da ora uno dei cinque migliori difensori della lega. Ed è un rookie! Guardo NBA dal 2000, anno più anno meno, e questa è la prima volta che vedo una cosa del genere. Mobley è oggi, 13 dicembre 2021, il miglior stoppatore in aiuto della lega.

Nell’ultimo mese Mobley ha guidato l’NBA con 2.5 stoppate a partita, davanti a gente che sta piantata al ferro (e lo fa benissimo, non travisate le mie parole) come Gobert, Turner e Bamba. La differenza tra Mobley e tutti gli altri nominati è che Mobley è in grado di stare con la maggior parte degli esterni, è adatto ad una difesa in cui si cambia tutto o quasi e per questa ragione il suo valore difensivo è destinato solamente ad aumentare in ottica playoff.

Di nuovo, non voglio dire che Mobley non abbia debolezze difensive che non possano essere sfruttate in ottica playoff, ne ha (e guai se non fosse così, ha 20 anni!): ad esempio, è ancora troppo leggero per reggere l’urto contro diversi dei 4 avversari in post, figuriamoci contro i 5. Allo stesso tempo, credo sia lecito guardare al recente sviluppo muscolare di Anthony Davis, ormai rassegnatosi all’idea di dover giocare da 5 anche in difesa, e domandarsi se sia davvero desiderabile sviluppare Mobley nella stessa direzione o se sia meglio affiancargli stabilmente un centro più fisico. Comunque sia, appare verosimile che Mobley sia il più cristallino talento difensivo che la lega abbia abbracciato nel nuovo millennio.

Mikal Bridges, 1st All-Defensive Team

Che Mikal Bridges non sia stato votato per un All-Defensive Team sinora è oggettivamente strano. Già l’anno scorso Bridges era verosimilmente uno dei migliori difensori sugli esterni dell’intera lega oltre che uno dei più versatili, ma questo pare essere l’anno della definitiva consacrazione nel gotha dei difensori NBA. Nel giro di qualche giorno, Bridges ha marcato tre dei migliori attaccanti della lega, tre che meno simili uno all’altro non potrebbero essere (James Harden, Kevin Durant e Stephen Curry), e li ha fatti penare tutti e tre.

Se è vero che Mikal può soffrire la stazza fisica di alcuni tra i megacreator più forti (in una serie contro Dallas ad esempio potrebbe essere verosimile vedere Bridges passare meno tempo su Dončić di quanto prevedibile), compensa abbondantemente con la lunghezza delle proprie braccia e l’intelligenza off ball: come è tipico di altri ottimi difensori dalla wingspan infinita (il primo che mi viene in mente è Thybulle), Bridges sa far credere all’avversario di non essere interessato ad una linea di passaggio o comunque di non poterci arrivare, salvo poi fiondarsi sul pallone e concludere il più delle volte con due punti facili dall’altra parte del campo. Non è un caso che Bridges sia alla sua seconda stagione con più dell’80% al ferro.

Il capolavoro difensivo di questa striscia è però stata senza dubbio la prestazione contro Curry. Certo un attaccante mobile come Curry non si difende da solo, tant’è vero che è ormai dato per assodato che la migliore strategia difensiva contro Golden State sia il cambiare su ogni blocco, ma rimane il fatto che Mikal abbia fatto un gran lavoro correndo dietro ai blocchi, rischiando sulle linee di passaggio al momento giusto e togliendo di fatto il ritmo a Curry.

Il record di squadra, al momento in cui scrivo il migliore della lega, unitamente a queste prestazioni contro alcuni tra i migliori attaccanti sulla faccia del pianeta Terra, hanno accresciuto la fama di Bridges. Il prossimo passo naturale è venire votato come uno dei 3/4 migliori difensori sugli esterni della lega.

E alla fine arriva Garland

Cleveland sta vincendo con la difesa (terza nella lega), verissimo, ma anche perché l’attacco riesce a essere accettabile (diciannovesimo nella lega) nonostante in campo ci siano spesso due, se non addirittura tre, non tiratori. Rubio sta giocando una stagione ad alti livelli, e senza dubbio sta portando molta acqua alla causa Cavaliers. Ma la vera testa del serpente è un ragazzo di nemmeno ventidue anni al terzo anno nella lega che risponde al nome di Darius Garland.

L’infortunio di Sexton è quello che gli americani chiamano “blessing in disguise“, perché ha dato del tutto le chiavi della macchina a Garland, che è un playmaker infinitamente migliore del compagno di reparto e forse ora è anche un tiratore dal palleggio migliore di lui. Garland sembra avere la dote di rendere tutti quanti attorno a lui migliori, e sembra che il suo istinto primario sia il passaggio piuttosto che il cercare il canestro, e questo lo rende una Point Guard quasi anacronistica. Mi spingo sino a dire che Garland sia l’unico possibile erede di una lunga tradizione di Point Guard pass first nella generazione attuale, una discendenza che vede in Chris Paul l’ultimo esponente. Oltre alla mentalità altruista, quello che distingue quella classe di guardie è la capacità di plasmare gli spazi ed i tempi di gioco a loro piacimento, come se gli altri nove giocatori in campo fossero stati messi nelle loro posizioni proprio da loro.

Nell’ultimo mese, Garland ha girato a 21+8, tirando 46/37/89. Per Dunks&Threes, Garland è nel 95esimo percentile nella lega per on off offensivo, così come per Cleaning The Glass. Per RAPTOR, Garland è dodicesimo nella lega per impatto in attacco. Tradotto: se non ve ne foste accorti, Garland è diventato uno dei migliori direttori d’orchestra dell’intera lega.

Per favore, basta LeBron da 5

In questo pezzo abbiamo già parlato di uno dei migliori rim protector della lega e di due dei migliori difensori in assoluto, quindi credo sia giunto il momento di compensare: per favore, chiudiamo l’esperimento LeBron James da 5 prima che regali troppi lowlights che possano essere trasmessi ai posteri.

Anche i responsabili della sagra delle pere di Pavia di Udine (che peraltro consiglio caldamente) hanno capito che i quintetti all’interno dei quali LBJ rende meglio sono quelli con buone spaziature, e che pertanto non è una buona idea farlo giocare con un centro poco mobile e non più nel proprio prime atletico (per capirci, alla Dwight Howard o DeAndre Jordan di oggi).

A quanto pare il concetto non è del tutto chiaro a LeBron stesso che ha palesemente messo la propria impronta sulla costruzione della squadra quest’estate. Ovviamente però, due soli mesi dopo l’inizio della stagione, i minuti senza un 5 che non sia AD sono stati quasi del tutto soppressi. Dal momento che a roster non c’è una soluzione alternativa a Dwight o Jordan per i minuti senza AD, LBJ stesso è stato chiamato a giocare da 5. Inutile dire che in attacco i risultati sono stati ottimi: LeBron e 4 tiratori (o 3 tiratori+Russ) sarà probabilmente ricetta per il successo anche nel 2039. Dall’altra parte del campo però…

Per quanto il roster dei Lakers sia profondo in termini numerici, al momento non c’è una soluzione a roster che consenta ai gialloviola di sopravvivere difensivamente ai minuti senza AD in campo (non che quelli senza LBJ offensivamente parlando vadano meglio), e di certo non è colpa di LeBron se non è una buona opzione difensiva da 5 in una drop (anche se la mia sensazione è che sotto sotto LeBron in quel ruolo ci sta volentieri perché lo aiuta a giocare ad energie ridotte al lumicino). Vogel&co devono trovare una soluzione in fretta, perché la temperatura sulla panchina Lakers sta diventando insostenibile.

Desmond Bane

In questa sezione volevo solo scrivere “Desmond Bane” e poi aggiungere dei tweet, ma alla fine ho deciso di fare il serio. Bane ha sfruttato al meglio l’opportunità concessagli dall’infortunio di Dillon Brooks, e ora sta sfruttando al meglio l’assenza di Morant. Per dare un contesto, le cifre parlano di 18 punti e 5 rimbalzi a notte in soli 29 minuti (ed è il giocatore di Memphis ad avere giocato più minuti in quel lasso temporale! Di nuovo, per favore scambiate qualcuno), il tutto tirando 49/46/92 e offrendo una buona dose di playmaking secondario.

Sono passati solo dodici mesi dall’ingresso di Bane nella lega, eppure l’impatto che il sophomore da TCU sta avendo su entrambi i lati del campo è di sicuro tra i top3 della propria squadra (mi spingerei a dire che dopo Morant è stato il migliore per Memphis questa stagione). So di avervi annoiato con le sue qualità difensive, ma Bane è veramente un buon difensore Point of Attack, e sa anche passare molto bene dietro ai blocchi per rimanere attaccato ai tiratori. Non c’è letteralmente una squadra della lega in cui Bane non giocherebbe 25 minuti a notte.

Rispetto all’anno scorso, Bane sembra più a suo agio al ferro e sta operando molto più palla in mano (questo ha portato anche ad una diversificazione della sua shooting chart, dal 54% di triple prese l’anno scorso al 48% corrente). In parte questo è dato dalle assenze, in parte è dato dal lavoro che Bane ha palesemente svolto in estate per migliorare il palleggio e le letture. Il tutto al secondo anno, il tutto da uno che è stato scelto alla 30. Quando penso che Suns e Jazz hanno scelto JALEN SMITH e UDOKA AZUBUIKE prima di lui ho giramenti di testa improvvisi.

Ooops Spo did it again: Caleb Martin

Ogni anno Riley e Spoelstra tirano fuori dal cilindro un giocatore pagato due lire che finirà per giocare venti minuti a notte e impattare in positivo la stagione degli Heat. Ero abbastanza convinto che quest’anno quel giocatore sarebbe stato Max Strus, ed in effetti Max Strus sta giocando 20 minuti a notte e dimostrando di poter essere un giocatore da rotazione NBA. Quel che davvero non mi aspettavo però è che Strus non sarebbe stata la sola nuova scoperta della stagione Heat, e probabilmente nemmeno la maggiore: quello che sta facendo Caleb Martin, firmato con un two-way contract che immagino a breve verrà convertito in un contratto garantito, credo vada oltre le più rosee previsioni di Riley e Spoelstra stessi.

Onestamente, se due mesi fa vi avessero detto che Martin sarebbe stato il migliore in campo in una gara contro i Bucks mettendo a referto 28 punti, voi ci avreste creduto?

Complici le assenza di Butler e Adebayo, nell’ultimo mese Martin è stato il quinto Heat per minuti totali giocati (quasi 24 a notte), segnando 10 punti a notte ed accompagnandoli con 4 rimbalzi, il tutto tirando 51/46/71. La cosa bella per i tifosi Heat è che Martin non era esattamente stato preso per essere uno che contribuisse alla causa con cifre, quanto piuttosto con la sua difesa Point of Attack, la sua grinta e la capacità di cambiare su quattro ruoli quasi senza problemi. E Martin sta ovviamente rispondendo presente anche da quella parte del campo.

Col senno di poi l’impatto di Martin si sarebbe potuto prevedere, dato che il prodotto da Nevada rientra esattamente nel prototipo di giocatore che si esalta negli schemi di Spoelstra: lungo, atletico, capace nei tagli senza palla, gran lavoratore. Martin è anche un buon attaccante in transizione, e questa caratteristica sta tornando molto utile in un’annata in cui Spo ha deciso, correttamente, di compensare la mancanza principale del roster (difficoltà ad attaccare una difesa schierata) alzando i giri dell’attacco.

Con buona probabilità, Martin si sta guadagnando un contratto pluriennale (non a cifre stellari, sia ben chiaro, ma non sarei sorpreso se il suo prossimo contratto gli garantisse una cifra intorno ai 7/8 milioni) ed un posto fisso nella rotazione di Miami.

Franz Wagner è un ottimo pezzo da contender

Partiamo da un fatto appurato: Orlando è una squadraccia. Detto ciò, anche nelle squadracce ci possono essere dei spiragli di luce, dei raggi di speranza per il futuro. L’NBA è una lega che ruota attorno alle stelle, e fintanto che non hai trovato quel singolo giocatore attorno al quale tutta la tua franchigia ruota non puoi dire che il tuo rebuilding sia finito o che tu possa iniziare a pensare seriamente a quale fisionomia dare al roster. Ecco, Orlando quel giocatore probabilmente ancora non lo ha a roster, checché ne pensi il buon Cole Anthony.

Però Orlando può seriamente cominciare a guardare indietro alla trade Vučević e pensare di averla vinta. Wendell Carter Jr si sta rivelando valevole di un posto in uno starting 5 nella lega (76esimo percentile in Estimate Plus Minus per Dunks&Threes), ma soprattutto chi sta mettendo in mostra le qualità per essere un perfetto role player (e forse anche qualcosa in più) è Franz Wagner.

Wagner in stagione sta girando a 14+4+3 (con buone percentuali al tiro peraltro, 45/39/81, e soprattutto quelle da tre erano tutto fuorché scontate ad inizio stagione), dimostrando dal lato difensivo di poter sia stare con un’ampia varietà di attaccanti sul perimetro che di non lasciarsi mangiare vivo nel post dai 4, oltre che di avere una ottima comprensione di quel che sta succedendo in campo e portare aiuti al momento giusto; e dal lato offensivo, di poter offrire playmaking secondario e di non avere paura di attaccare il ferro con costanza anche quando l’area è intasata.

Wagner non è la pietra angolare dei Magic, ma sarà un ottimo pezzo per stabilizzare il roster non appena quella pietra angolare arriverà.

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Andrea Bandiziol
Andrea, 31 anni di Udine, è uno di quelli a cui potete scrivere se gli articoli di True Shooting vi piacciono particolarmente. Se invece non vi piacciono, potete contattare gli altri caporedattori. Ha avuto la disgrazia di innamorarsi dei Suns di Nash e di tifare Phoenix da allora.