Quando eravamo bambini aspettavamo con impazienza i primi giorni di dicembre per poter aprire, finalmente, la prima finestrella del calendario dell’Avvento.
La parte emozionante, per ognuno di noi, non era tanto il fatto che avremmo mangiato un dolcetto, bensì che non sapevamo cosa avremmo trovato dietro la finestrella di cartone. E, così, per altri venticinque giorni.
Poi, crescendo, abbiamo passato l’età per il calendario dell’Avvento, abbiamo sviluppato interessi diversi – tipo il basket – ed abbiamo perso la “magia” per quei giorni di dicembre che tanto abbiamo aspettato da piccoli.
Così, noi di True Shooting, abbiamo pensato di portare l’idea del calendario pieno di dolcetti ad un livello diverso, al nostro livello, sostituendo il cioccolato dietro la finestrella con un fatto – più o meno conosciuto – avvenuto nel mondo NBA in quel dato giorno.
25 dicembre 2018 – LeBron James subisce il primo grave infortunio in carriera ed i Lakers vincono contro il Superteam Warriors
Lakers come up with a blowout 127-101 win over the Warriors after LeBron left the game early with a groin injury. 👀🔥 pic.twitter.com/j6P7QrWk4F
— House of Highlights (@HoHighlights) December 26, 2018
In televisione, il 25 dicembre, ci sono solamente film natalizi. Nel 2018, su tutte le reti americane, è andato in onda il film “Miracolo sulla Coliseum Way”.
La NBA aveva “apparecchiato” un Christmas Game coi fiocchi: da una parte il primo di LeBron James in maglia Lakers, dall’altra i Golden State Warriors di Steph Curry, freschi vincitori del titolo.
Non tutto, però, va secondo i piani.
Ad inizio terzo quarto, LeBron James subisce un grave infortunio all’inguine – che lo terrà fermo per 17 games e, inoltre, lo costringerà a saltare il finale di stagione – ed è costretto ad andare negli spogliatoi. In casa Warriors, invece, il trio Curry-Durant-Thompson combina solamente 41 punti.
Il 25 dicembre 2018, il risultato – il “miracolo” – sarà il blowout dei Lakers firmato da Lonzo Ball, Brandon Ingram, Kyle Kuzma, Ivica Zubac e Rajon Rondo (che, di fatto, prenderà i minuti di James dopo il suo infortunio).
Abbiamo scelto il tweet di House of Highlights proprio per lasciare alla fine del nostro articolo il vostro regalo di Natale: la Guitar Hero di Lance Stephenson.
24 dicembre 1960-1967 – Nella storia NBA vengono giocate solamente due partite alla vigilia di Natale
There are no NBA games on the schedule today. In fact, there have only been two games ever played on Christmas Eve:
— Justin Kubatko (@jkubatko) December 24, 2021
🎅🏻 1960 – The Celtics walloped the Pistons 150-106. Bill Russell had 15p/29r.
🎄 1967 – The Warriors beat the Sonics 127-113. Nate Thurmond had 18p/29r/6a. pic.twitter.com/5wmi4IV7YX
Come ben sappiamo – e come ci siamo resi conto la scorsa notte -, non si giocano partite alla vigilia di natale.
O meglio, solitamente non si giocano. Sì, perché in 75 anni di storia NBA solamente in due occasioni (molto in là nel tempo, a dire il vero) sono stati disputati games la sera prima di natale.
Il 24 dicembre 1960, i Boston Celtics di Bill Russell battono 150-109 i Detroit Pistons, facendo segnare il record NBA per rimbalzi di squadra catturati (109).
Il 24 dicembre 1967, i San Francisco Warriors di Nate Thurmond battono i Seattle SuperSonics 127-113.
Da allora non sono più stati disputati games il 24 dicembre.
23 dicembre 1997 – Phil Jackson raggiunge le 500 vittorie in carriera
📅 On this day in 1997, the @chicagobulls Phil Jackson recorded his 500th career regular-season win as an NBA head coach.
— Justin Kubatko (@jkubatko) December 23, 2021
Jackson reached that mark in 682 games, the fewest of any head coach in NBA history. Pat Riley is a close second, doing so in 684 games. pic.twitter.com/Kc4VNl0y5k
Potremmo dire che il 23 dicembre è, a tutti gli effetti, il giorno di Phil Jackson. Infatti, lo storico head coach di Chicago Bulls e Los Angeles Lakers ha raggiunto ben due traguardi in questa data.
Alla guida dei Bulls, il 23 dicembre 1992 raggiunge le 200 vittorie da allenatore in 270 games.
Cinque anni dopo, sempre alla guida dei Bulls, il 23 dicembre 1997 raggiunge le 500 vittorie da allenatore in 682 games. Diviene, così, l’allenatore più veloce nel raggiungere tale traguardo, lasciando Pat Riley di poco secondo (traguardo raggiunto in 684 games).
A fine carriera da allenatore, iniziata ufficialmente nel 1989 e finita nel 2011, Phil Jackson conta 1155 vittorie in 1640 games (70.4 %W).
22 dicembre 2020 – Per via della pandemia causata dal COVID-19, parte la stagione NBA ridotta a 72 partite
NBA and NBPA agree on 2020-21 season start and adjustments to CBA.https://t.co/HOaa1V9q8U pic.twitter.com/Z9m0OG8KI8
— NBA (@NBA) November 10, 2020
Per la nostra generazione, questi ultimi due anni sono stati molto duri. Sotto tutti i punti di vista: personale, economico e, alla fine, sportivo.
Per quanto riguarda l’ultimo profilo, abbiamo passato gli ultimi due anni di lockdown, quarantene, chiusure e parziali aperture guardando ogni sport possibile in televisione.
Con particolare attenzione alla NBA, siamo passati dall’inizio della regular season 2019-20 alla positività di Gobert, che ha portato al rinvio dei match tra Jazz e Thunder e tra Pelicans e Kings. Da questo punto siamo passati dalle positività al COVID-19 a grappoli tra giocatori fino al proseguimento della stagione nella bolla di Orlando. Con la vittoria dell’anello da parte dei Lakers di LeBron James, arrivata ad ottobre, il board NBA si è posto l’obiettivo di programmare una stagione regolare sostenibile, sia dal punto di vista della salute di giocatori e staff sia dal punto di vista della credibilità di una lega che muove miliardi di dollari.
Alla fine, il 9 novembre 2020 la NBA, in collaborazione con la NBPA, ha rilasciato un comunicato dove viene comunicata la data di inizio della nuova regular season ed i conseguenti “aggiustamenti” al contratto collettivo che va a tutelare i giocatori.
Il 22 dicembre 2020, con il match tra Golden State Warriors e Brooklyn Nets ed il derby di Los Angeles tra Lakers e Clippers, la regular season messa a punto – 72 games, più playoff – da Adam Silver prende il via.
21 dicembre 2001 – Reggie Miller supera Larry Bird al diciannovesimo posto nella NBA All-Time Scoring List
📌16 years agı today in NBA History
— 🖼️ NFT Promoter (@NFT_Promoter) December 21, 2017
December 21, 2001
With 16 points in a 100-94 victory over New Jersey, Indiana’s Reggie Miller improved his career scoring total to 21,801 points and moved past Larry Bird into 19th place on the NBA’s all-time scoring list. pic.twitter.com/6S4RhLLnzL
Come abbiamo già detto in data 4 dicembre, Reggie Miller, Ray Allen e – il nuovo ed indiscusso miglior tiratore della storia NBA – Stephen Curry verranno ricordati soprattutto per la loro capacità di segnare dall’arco.
Oltre che nella classifica dei migliori tiratori della storia NBA, il 21 dicembre 2001 ha iscritto il suo nome anche nella Top 20 NBA All-Time Scoring List: con i 16 punti messi a referto nella vittoria per 100-94 dei suoi Pacers contro New Jersey, Reggie Miller supera Larry Bird in questa classifica.
20 dicembre 2005 – Kobe Bryant segna 62 punti in tre quarti contro i Dallas Mavericks
On this date in 2005 Kobe Bryant scored 62 points in three quarters against Dallas; single-handedly outscoring the Mavericks. Brian Shaw’s memory of Kobe coming out of that game is still one of my favorite stories. Kobe scored 81 points one month later. https://t.co/WplLQAB9TC pic.twitter.com/HNyTX54Z6z
— Arash Markazi (@ArashMarkazi) December 20, 2018
Quando parliamo di prestazioni monstre di Kobe Bryant, la nostra mente va subito all’iconica frase di Federico Buffa: “Solo sull’isola”. Abbiamo assistito tutti a match impressionanti di Kobe, però quanto successo contro i Mavs è qualcosa di più unico che raro.
Bryant, alla fine del terzo quarto, ha messo a referto 62 punti e, con un quarto ancora da giocare, ha la possibilità di raggiungere o superare quota 70. Come si può evincere dallo screenshot pubblicato su Twitter da Arash Markazi, la persona più sorpresa da questa situazione risulta Brian Shaw.
Phil Jackson chiede a Shaw di domandare a Bryant se vuole giocare qualche minuto nell’ultimo quarto. Shaw provvede e riceve una risposta negativa – “No, lo farò un’altra volta. Lo farò quando conterà e ne avremo bisogno.” – che lo lascia senza parole. Ai microfoni di ESPN dichiara: “Gli ho detto ‘Cosa?! Hai la possibilità di segnare 70 punti, non tutti possono dire una cosa simile. Ti basta giocare pochi minuti e segnare 8 punti, poi puoi andartene’. Mi ha fatto impazzire la sua risposta.”.
Il 20 dicembre 2005, Kobe Bryant ha avuto ragione, diventando il primo giocatore a segnare 62 punti in soli tre quarti dall’avvento della Shot Clock Era. Ed ha avuto ragione perché, un mese dopo, ha segnato 81 punti contro Toronto.
19 dicembre 1956 – Bill Russell firma il suo primo contratto con i Boston Celtics
📌61 years ago today in NBA History
— 🖼️ NFT Promoter (@NFT_Promoter) December 19, 2017
December 19, 1956
Upon his return from Melbourne, Australia, where he led the U.S. Basketball squad to an Olympic gold medal, Bill Russell signed his first contract with the Boston Celtics☘️ pic.twitter.com/hgFMfIrM8g
Salvo eccezioni, tutto ciò che sappiamo su Bill Russell l’abbiamo appreso da video di YouTube, libri e documentari dedicati al basket che fu. Uno dei fatti più curiosi che abbiamo appreso “studiando” la carriera di Mr. Eleven Rings riguarda la genesi della firma sul primo contratto con i Boston Celtics.
Il 1956, per Russell, è un anno importante: viene draftato dai Celtics ed è il capitano dello U.S. National Basketball Team ai Giochi Olimpici di Melbourne. Qui sorge un problema, poichè il presidente del CIO dell’epoca, Avery Brundage, si mette in mezzo ed afferma che, avendo firmato un contratto con i Boston Celtics, Russell non è più considerato un amateur e, dunque, non può prendere parte al torneo.
Fortunatamente, Bill Russell vince il ricorso e, guidato dal coach Gerald Tucker, porta Team USA a vincere i Giochi Olimpici in finale contro l’Unione Sovietica per 89-55.
Così, di ritorno dall’Australia, il 19 dicembre 1956 Bill Russell firma ufficialmente il suo primo contratto NBA con i Boston Celtics.
18 dicembre 2017 – Allo Staples Center vengono ritirate le canotte #8 e #24 di Kobe Bryant
On this date three years ago, Kobe Bryant’s jerseys (8 and 24) are retired by the Lakers.
— ESPN Stats & Info (@ESPNStatsInfo) December 18, 2020
Kobe spent 10 seasons in both jerseys, while winning multiple rings in each as well, and stands as the only player that has 2 jersey numbers retired by one franchise. pic.twitter.com/5JxQknMjhQ
Kobe Bryant, prima ancora della sua tragica scomparsa, nell’immaginario collettivo era un giocatore unico nel suo genere, sia tecnicamente che umanamente.
In maglia Lakers, ha giocato dieci stagioni con la canotta n. 8; poi, a seguito del noto fatto successo in Colorado e dei contratti “stracciati” da Adidas ed altri sponsor, altre dieci stagioni con la canotta n. 24.
Dopo il 13 aprile 2016, data dell’iconico match allo Staples Center contro gli Utah Jazz, Kobe tornerà a casa sua un anno e mezzo dopo. In questo caso non c’è nessuna partita da giocare, c’è solo da assorbire il calore dei tifosi durante la cerimonia di ritiro delle sue canotte.
Il 18 dicembre 2017, nell’intervallo dell’incontro tra Lakers e Warriors, allo Staples vengono ritirate le canotte n. 8 e n. 24 di Kobe Bryant, facendolo diventare così l’unico giocatore NBA con due numeri ritirati da una sola franchigia.
17 dicembre 2016 – Russell Westbrook mette a referto 22 assists e segna il suo career-high
OTD (16) Westbrook had this sick assist and a 20/20 triple-double: 26 PTS | 22 AST | 11 REB!
— Ballislife.com (@Ballislife) December 17, 2019
Russ, Magic & Oscar each have 3 games with 20 PTS, 20 AST, 10 REB. pic.twitter.com/9lEs0Adcfr
Russell Westbrook è, da sempre, un giocatore divisivo. O lo ami o lo odi, non esistono vie di mezzo. Per ogni qualità riconosciuta ha un difetto ben marcato, e passare il pallone rientra nella sfera delle qualità indiscutibili di Russ.
Il 17 dicembre 2016, nella vittoria dei Thunder sui Suns per Suns per 114-101, Westbrook distribuisce ben ventidue assist e fa segnare il suo career-high.
OT: dieci anni prima, in questa stessa data, Gilbert Arenas, nella sfida vinta all’overtime dai Washington Wizards contro i Los Angeles Lakers, segna 60 punti e conclude in bellezza il mese di dicembre, dopo averne “messi” 54 contro Steve Nash e 51 contro Deron Williams.
16 dicembre 2006 – L’arbitro Dick Bavetta espelle dieci giocatori in Knicks vs. Nuggets
The 2006 Knicks & Nuggets Brawl.
— Ballislife.com (@Ballislife) November 29, 2020
Carmelo Anthony was suspended 15 games. Nate Robinson & JR Smith were suspended 10 games each.
pic.twitter.com/ItuMgFwijg
Quando parliamo di risse in NBA, il primo pensiero non può che andare – giustamente – al famoso “Malice at the Palace” del 19 novembre 2004.
D’altronde, quella rissa tra giocatori di Pistons e Pacers, staff e tifosi non può non essere ricordata (loro malgrado) come la più iconica nella storia del basket e dello sport in generale, tanto che Netflix ha dedicato una puntata della docu-serie Untold.
Tuttavia, quanto successo al Madison Square Garden due anni più tardi non è da meno ed è ricordata come la “On-court Fight più penalizzante dai tempi del Malice at the Palace del 2004”.
Il 16 dicembre 2006, negli ultimi secondi del match tra New York Knicks e Denver Nuggets, Mardy Collins commente un flagrant foul su J.R. Smith, dando inizio alla rissa. Ai due si aggiungono nate Robinson e David Lee. I quattro cadono sui fotografi sotto canestro e “coinvolgono” anche i tifosi seduti in prima fila. Quando la contesa sembra stia per finire, Carmelo Anthony colpisce con un pugno Collins e viene immediatamente attaccato da Jared Jeffries, ma inciampa su Marcus Camby e viene trattenuto dai suoi compagni. Intanto, mentre Anthony si avvicina verso la sua panchina, Mardy Collins cerca di colpirlo alle spalle ma viene bloccato tra Smith e Nenê Hilario.
Tutti e dieci i giocatori in campo sono coinvolti, così come alcuni membri degli staff. L’arbitro Dick Bavetta ed i suoi assistenti Violet Palmer e Robbie Robinson decidono di espellere i quintetti in blocco.
Carmelo Anthony viene sospeso per 15 games, J.R. Smith e Nate Robinson per 10 games, Mardy Collins per 6 games, Jared Jeffries per 4 games e, infine, Nenê Hilario e Jerome James per 1 game; i giocatori vengono multati 1.2 milioni di dollari – trattenuti dal loro salario – e le due franchigie multate per 500,000 dollari entrambe.
David Stern, commentando le pene inflitte a giocatori e franchigie, ha affermato che “è un obbligo per il board NBA applicare le misure più severe possibili per evitare comportamenti simili in futuro”.
15 dicembre 1994 – La NBA modifica il minimo statistico per essere classificati come tiratori da tre
Dec 15, 1994: Recognizing that 3-pt field goals were becoming more frequent at a shorter distance, the NBA announced that it was changing the statistical minimum, from 50 to 82, of three-point baskets needed in order for a player to qualify for the 3-point field goal % title.
— BasketballontheBrain 🧠 (@1Guy1Basket) December 15, 2017
Nella NBA degli ultimi dieci anni, specialmente con l’arrivo nella lega di Steph Curry e degli Warriors di Steve Kerr, il tiro da tre punti è diventato il tratto discriminante tra l’essere un giocatore funzionale ed un giocatore non funzionale nel basket moderno.
Ora come ora, è importante avere a roster uno stretch-4 e/o uno stretch-5 per “allargare il campo”, ma non è stato sempre così come ben sappiamo.
Proprio per l’aumentare del volume dei tiri da tre punti già a metà anni ’90, il 15 dicembre 1994 la NBA ha annunciato di aver modificato il minimo statistico di tiri necessari – si è passati da 50 ad 82 – per essere “qualificati” come tiratori da tre punti e, conseguentemente, essere in lizza per 3-point Field Goal % Title.
14 dicembre 2011 – Chris Paul viene scambiato e passa ai Los Angeles Clippers
📅 On this day in 2011, the @LAClippers acquired Chris Paul from the New Orleans Hornets.
— Justin Kubatko (@jkubatko) December 14, 2020
In his six seasons with the Clippers, Paul earned six All-Defensive selections, five All-NBA selections, and five All-Star selections while leading them to the playoffs each season. pic.twitter.com/b37Qhz8DXz
Non serve aggiungere molto. Sei giorni prima, David Stern pone il veto per il trasferimento di Chris Paul ai Lakers e, sei giorni dopo, a Los Angeles ci arriva lo stesso.
Il 14 dicembre 2011, i New Orleans Hornets mandano Chris Paul (e due future seconde scelte) ai Clippers e ricevono in cambio Eric Gordon, Chris Kaman, Al-Farouq Aminu ed una first round pick del Draft 2012.
13 dicembre 2000 – John Stockton raggiunge i 14,000 assist in carriera
15 years ago in #NBAHistory
— 🖼️ NFT Promoter (@NFT_Promoter) December 14, 2015
December 13, 2000
John Stockton of the Utah Jazz collected his 14,000th career assist pic.twitter.com/jFZ4DdFQxM
Come ben sappiamo, in cima alla NBA All-Time Assists List c’è il nome di John Stockton con 15,806 assist in carriera.
Ma non solo: nove stagioni da leader NBA per assist, stagione 1989-90 con 14,5 assist di media, 51,5% di FG% in carriera, 3,603 steal. Insomma, gran bei record per un “loser”.
Proprio in merito ai record, il 13 dicembre 2000, nella sconfitta dei Jazz contro i Bucks, Stockton distribuisce ai compagni nove assist e raggiunge quota 14,000 assist in carriera, aumentando il gap a 3,859 con – l’allora – il secondo in classifica Magic Johnson (10,141).
12 dicembre 1984 – Kareem Abdul-Jabbar diventa il primo giocatore NBA a raggiungere i 32,000 punti in carriera
On this day in #NBA history:
— Awesemo (@Awesemo_Com) December 12, 2019
December 12, 1984
Kareem Abdul-Jabbar becomes the first player in NBA history to reach 32,000 career points.#NBA #DFS #NBADFS #NBATwitter @AwesemoNBA pic.twitter.com/NnetKEpKuI
Ad oggi, al primo posto della NBA All-Time Scoring List troviamo Kareem Abdul-Jabbar con 38,387 punti messi a referto in carriera.
Fin qui, nulla di nuovo. Però non molti sanno che, il 12 dicembre 1984, nella vittoria per 131-107 dello ShowTime di Los Angeles contro Golden State, il fu Ferdinand Lewis Alcindor Jr. segna quindici punti e diviene il primo giocatore della storia NBA a raggiungere (e superare) i 32,000 in carriera.
La nostra idea è quella di proporvi, da oggi fino al giorno di Natale, un dato evento accaduto in NBA, cercando di ricreare una piccola parte di quella magia che ha caratterizzato la nostra infanzia.
11 dicembre 2006 – La NBA, dopo pochi mesi di utilizzo del pallone in materiale sintetico, annuncia il ritorno a quello in pelle
On this day in 2006, the #NBA introduced a new synthetic game ball for the 2006-07 season. Everyone hated it. pic.twitter.com/viTrMs54tu
— Dime (@DimeUPROXX) June 29, 2016
Partiamo dalla fine del tweet di Dime, “Everyone hated it”.
Nel giugno del 2006, il Commissioner David Stern ed i rappresentanti di Spalding presentano alla NBA il pallone in materiale sintetico che avrebbe sostituito il classico “Leather” a partire dalla stagione 2006/07.
Si tratta di un cambiamento epocale. In diretta dal NBA Store di New York, Dan Touhey (Spalding VP of Marketing), David Stern, Paul Pierce e Kenny Smith sono pronti a presentare il pallone che avrebbe dato un boost tecnico al mondo del basket. Lo stesso Touhey si lascia andare a dichiarazioni entusiastiche: “Siamo eccitati, è un gran giorno. Abbiamo la sensazione di avere a disposizione la nuova generazione dei materiali che porterà questo sport su un altro livello. Sarà eccitante far parte di questo processo.”.
Questa dichiarazione – con troppo entusiasmo e trasporto – rappresenta l’inizio della fine. Ad ogni giocatore, durante l’estate, viene dato un pallone per prendere le misure e le critiche arrivano a cascata.
Steve Nash, Dirk Nowitzki, Shaquille O’Neal e Ray Allen criticano pubblicamente la scelta. Stephen Jackson dichiara che è come giocare con un pallone di plastica e che vedremo molti giocatori con le band-aids alle dita per migliorare il grip. Mark Cuban, owner dei Dallas Mavericks, addirittura chiede alla University of Texas di formare una commissione per comparare i due palloni.
Il Prof. Kaushik De della University of Texas, dopo aver analizzato i due palloni, arriva alla conclusione che da asciutti i due palloni sono simili ma, una volta “bagnati”, il pallone in materiale composito diventa scivoloso “come guidare l’auto su una lastra di ghiaccio”.
L’11 dicembre 2006, David Stern – presa coscienza dei giudizi dei giocatori e dei pareri della commissione universitaria – dichiara la “sconfitta” della nuova tecnologia ed il ritorno, a stagione avviata, allo Spalding in pelle.
10 dicembre 2008 – Carmelo Anthony eguaglia il record di George Gervin di 33 punti in un quarto
Nine Years Ago Today (Dec. 10, 2008) Carmelo Anthony matches George Gervin’s @NBA record for points in a quarter with 33 in the third. He finishes with a season-high 45 points in the @nuggets 116-105 victory over the @Timberwolves. pic.twitter.com/uvP2a63WLl
— NBA History (@NBAHistory) December 10, 2017
Quando facciamo il nome di Carmelo Anthony, il primo pensiero che ci viene in mente è che stiamo parlando di uno degli scorer più eleganti della storia del basket.
Se poi, alla “chiamata” di Anthony, aggiungiamo il nome di George Gervin, siamo sicuri che siamo nel campo dei realizzatori puri e che, inevitabilmente, il record riguarda chi ha fatto più punti.
Il 10 dicembre 2008, nel match vinto dai Denver Nuggets contro i Minnesota Timberwolves per 116-105, Carmelo Anthony segna quarantacinque punti totali e, 33 di questi li mette a referto nel solo terzo quarto. In questo modo, Melo va ad eguagliare il precedente record di punti segnati in un quarto appartenuto a “The Iceman”, bandiera dei San Antonio Spurs e visto in Italia nel 1986 con la canotta della Virtus Roma.
Ora, questo record appartiene a Klay Thompson. Il 23 gennaio 2015, nella vittoria alla Oracle Arena degli Warriors contro i Kings, segna 37 punti nel terzo quarto.
9 dicembre 1997 – Michael Jordan supera Moses Malone al terzo posto nella NBA All-Time Scoring List
On this date in 1997, Michael Jordan became the NBA’s third-leading scorer w/ 29 points in a 100-82 win vs New York. pic.twitter.com/3J6YlaAniH
— SLAM (@SLAMonline) December 9, 2015
Parlare di Michael Jordan, di record e di record superati a volte può sembrare stucchevole.
Per fare un piccolo esempio, se andiamo sul sito della NBA e scriviamo “Michael Jordan” nella barra di ricerca, aprendo la bio del giocatore troviamo questa dicitura:
By acclamation, Michael Jordan is the greatest basketball player of all time.
Quindi, che si concordi o meno con questa affermazione, appare chiaro che parlare di record con Jordan possa diventare un puro esercizio di stile.
Infatti, il 9 dicembre 1997, con i ventinove punti segnati nella vittoria per 100-82 contro i New York Knicks, Michael Jordan raggiunge quota 27,432 punti nella NBA All-Time Scoring List e supera Moses Malone, fermo a 27,409 punti.
La differenza tra “His Airness” ed il compianto “The Chairman of the Boards” è che il primo ha impiegato tredici stagioni per arrivare a quel risultato ed il secondo diciannove.
Anche in questo caso, per il 9 dicembre abbiamo un piccolo off topic. Tre anni dopo Jordan, Gary Payton segna trentacinque punti contro gli Houston Rockets, raggiunge quota 14,044 punti in maglia Sonics e supera Fred Brown come miglior marcatore all-time della franchigia.
8 dicembre 2011 – David Stern pone il veto sulla trade che avrebbe portato Chris Paul ai Lakers
8 years ago today the NBA vetoed the trade that would have sent Chris Paul to LA to join Kobe and the Lakers. pic.twitter.com/1ks5BMXcFO
— ESPN (@espn) December 8, 2019
Partiamo da un presupposto: sappiamo tutti che la faccenda è più complicata di quanto possa sembrare, che non ci dobbiamo fermare a “Stern ha fatto saltare CP3 ai Lakers” e che questo, comunque, sarà uno dei grandi rimpianti dei tifosi Purple&Gold.
L’8 dicembre 2011, con una mossa senza precedenti nella storia NBA, il Commissioner David Stern pone il veto sulla trade a tre franchigie che avrebbe portato Chris Paul alla corte di Kobe Bryant, Pau Gasol agli Houston Rockets e Lamar Odom, Kevin Martin, Luis Scola, Goran Dragic e una first round pick del Draft 2012 ai New Orleans Hornets.
Con l’acquisto degli Hornets da parte della famiglia Benson, il trasferimento di Chris Paul si sblocca qualche tempo dopo e, finalmente, arriva a Los Angeles. Sponda Clippers, in cambio di Chris Kaman, Al-Farouq Aminu, Eric Gordon ed una first round pick del Draft 2012 (ossia Austin Rivers).
7 dicembre 2012 – Kobe Bryant diviene il più giovane giocatore a raggiungere 30,000 punti in carriera
On this date in 2012, Kobe Bryant became the youngest player in NBA history to reach 30,000 career points.
— ESPN Stats & Info (@ESPNStatsInfo) December 7, 2020
At 34 years, 104 days old, Bryant broke Wilt Chamberlain’s record of 35 years, 179 days.
LeBron James would break Kobe’s record in Jan. 2018 (33 years and 24 days). pic.twitter.com/YtrBshbssT
Il tweet messo a corredo di questo fatto ha un qualcosa di romantico: Kobe Bryant, LeBron James, una continuità che otto anni dopo hanno toccato con mano a Los Angeles.
Il 23 dicembre 2007, dopo aver messo a referto trentanove punti al Madison Square Garden contro i Knicks, Bryant era diventato il giocatore più giovane a raggiungere i 20,000 punti in carriera.
Dato che “Paganini non ripete” ma Kobe Bean Bryant sì, il 7 dicembre 2012, alle New Orleans Arena nella vittoria dei Los Angeles Lakers sui New Orleans Hornets per 103-87, The Black Mamba segna ventinove punti e diviene il giocatore più giovane a superare i 30,000 punti nella storia della NBA (34 anni, 104 giorni).
Il record precedente apparteneva a Wilt Chamberlain (35 anni, 179 giorni).
Come abbiamo detto in apertura, Bryant e James sono legati a filo doppio: LeBron raggiunge i 20,000 punti a 28 anni e 17 giorni, raggiunge i 25,000 a 30 anni e 307 giorni, raggiunge i 30,000 a 33 anni e 19 giorni, nel 2018 approda ai Lakers e nel 2020 riporta il titolo al Los Angeles.
Piccolo off topic. Il 7 dicembre 1956 nasce a West Baden, Indiana, un altro grande avversario dei Lakers: Larry Bird.
6 dicembre 2000 – Jamison e Bryant realizzano entrambi 51 punti in GSW vs. LAL
December 6, 2000…. Antawn Jamison & Kobe Bryant each score 51 as the @Lakers visit the @Warriors! pic.twitter.com/1SbBztg4qB
— NBA (@NBA) December 7, 2016
Nel 2013, l’anno dell’ all-in dei Lakers con Bryant, Nash, Howard, Artest e Gasol, uno degli uomini più importanti in uscita dalla panchina doveva essere Antawn Jamison. Come sappiamo, il futuro di quei Lakers non è stato roseo e, per veder tornare la vittoria a Los Angeles, i tifosi losangelini hanno dovuto attendere il 2020 e LeBron James.
Tuttavia, i destini Kobe Bryant ed Antawn Jamison si erano già incrociati, tredici anni prima per essere precisi.
Il 6 dicembre 2000, alla The Arena di Oakland, i due ragazzi hanno “messo in piedi” uno spettacolo decisamente interessante: nella vittoria all’overtime di Golden State contro i Lakers per 125-122, sia Kobe che Antawn mettono a referto entrambi 51 punti – per Jamison, la seconda partita consecutiva dopo la sconfitta contro Seattle di tre giorni prima.
Un match del genere, con giocatori avversari che hanno fatto registrare 50+ punti nello stesso incontro, non accadeva dal 14 dicembre 1962, quando si sfidarono Elgin Baylor per i Los Angeles Lakers (50 punti) e Wilt Chamberlain per i Philadelphia Warriors (63 punti).
5 dicembre 2000 – Karl Malone supera Wilt Chamberlain al secondo posto nella NBA’s All-time Scoring List
📽️ 12.5.2000 – OTD 20 years ago Karl Malone became the 2nd leading scorer in #NBA history surpassing the great Wilt Chamberlain.
— JazzBasketball (@Jazzbasketball1) December 5, 2020
Hot Rod Hundley and the Delta Center never sounded better. #Jazzbasketball #Mailman #HotRod #DeltaCenter #TakeNote pic.twitter.com/3tOEgFtmiF
John Stockton e Karl Malone hanno il loro posto nella storia NBA, sia a livello di record, sia a livello di narrativa. Verranno ricordati in eterno come il “duo” per eccellenza a non aver mai vinto l’anello e, forse, il bello di “Stockton to Malone” rimarrà proprio questo fatto, fermati da quell’entità superiore chiamata Michael Jordan.
Tuttavia, per quanto Malone sia stato un personaggio discutibile fuori dal parquet, è riconosciuto da tutti gli appassionati come una delle migliori power forward della storia della lega ed uno dei migliori scorer degli ultimi trent’anni.
Il 5 dicembre 2000, nella vittoria degli Utah Jazz per 98-84 contri i Toronto Raptors, “The Mailman” mette a referto trentuno punti e, con un finger roll da sotto canestro, segna quei due punti che gli permettono di raggiungere i 31,443 punti in carriera e di superare Wilt Chamberlain – fermo a 31,419 – al secondo posto nella NBA All-Time Scoring List.
4 dicembre 2017 – Stephen Curry raggiunge le 2,000 triple in carriera
📅 On this day in 2017, the @warriors Stephen Curry had 31 points and 11 assists in a 125-115 win over the Pelicans.
— Justin Kubatko (@jkubatko) December 4, 2021
Curry became the eighth player in NBA history to reach 2,000 career 3PM.
He reached that mark in 597 games, 74 fewer than any other player in NBA history. pic.twitter.com/YAHXYcnk7w
Stephen Curry è, innegabilmente, il miglior tiratore dall’arco della storia NBA.
Si possono fare i nomi di Ray Allen, Reggie Miller od il già citato James Harden, però se si pensa al tiro da tre ed a un giocatore che ha cambiato letteralmente il gioco, aumentando il range di tiro, obbligando allenatori e difese a cambiare le proprie “abitudini” per limitarlo, accentrando l’attenzione nei suoi confronti e liberando (in sostanza) i quattro compagni di parquet, l’unico nome adatto è quello di Steph.
Il 4 dicembre 2017, nella vittoria contro i New Orleans Pelicans per 125-115, Stephen Curry mette a referto trentuno punti ed undici assist e, al termine del match, diventa l’ottavo giocatore nella storia NBA a raggiungere le 2,000 triple in carriera.
La differenza con gli altri sette cestisti sta nel fatto che Curry le ha raggiunte in 597 games, almeno 74 in meno rispetto a tutti gli altri.
3 dicembre 2019 – James Harden mette a segno 24 tiri liberi consecutivi in una partita
📅 On this day in 2019, the @HoustonRockets James Harden set an NBA single-game record by making 24 free throws without a miss in a loss to the Spurs.
— Justin Kubatko (@jkubatko) December 3, 2021
Harden also tied the NBA record for most 3P missed in a game, shooting 4-20 from long range. He finished with 50 points. pic.twitter.com/UfINu6PBKl
James Harden verrà ricordato da tutti noi come uno dei migliori attaccanti della storia del gioco, capace di segnare in ogni modo ed avendo una capacità innegabile di guadagnarsi tiri liberi giocando sulle “paure” del difensore e su un metro di giudizio arbitrale che gli è sempre andato incontro.
Quest’anno, con il cambio della regola che sta limitando i viaggi in lunetta di giocatori come lui e Young, sta facendo più fatica e, ad onor del vero, dobbiamo dire che gli arbitri alcune volte non gli fischiano falli che anche ad occhio nudo possono sembrare palesi.
Il 3 dicembre 2019, la leggenda degli Houston Rockets, nella sconfitta contro i San Antonio Spurs di Pop, ha messo a referto un record invidiabile: ha guadagnato e convertito 24 tiri liberi, non commettendo errori.
Non contento, in un match dove ha segnato cinquanta punti, ha pareggiato un altro record (un po’ meno invidiabile), tirando 4/20 dall’arco.
2 dicembre 1996 – Clyde Drexler diventa il quinto giocatore NBA a raggiungere le 2,000 steals
📅 On this day in 1996, the @HoustonRockets Clyde Drexler swiped four steals in a loss to the Raptors, bringing his career total to 2,001.
— Justin Kubatko (@jkubatko) December 2, 2021
Drexler became the second player in NBA history to reach career totals of 20,000 points and 2,000 steals. There are now seven such players. pic.twitter.com/7qPtn9BwBc
Clyde Drexler, oltre ad essere stato una bandiera dei Portland Trail Blazers ed un protagonista in maglia Houston Rockets, è universalmente riconosciuto come uno dei migliori difensori passati dalla NBA.
Nel 2018, tramite la sua autobiografia, Kobe Bryant ha affermato: “Ho sempre ammirato Clyde. Ho sempre studiato la sua difesa. Ha capito come usare le sue mani, una per bloccare la visuale dell’attaccante e l’altra per cercare di rubare il pallone. Ha sempre avuto un grande equilibrio ed ha usato queste capacità a suo vantaggio. Il mio modo di difendere, a conti fatti, si ispira a lui e Jordan.”.
Il 2 dicembre 1996, dopo aver messo a referto quattro rubate nella partita persa contro i Raptors, “The Glide” è diventato il quinto giocatore della storia NBA a raggiungere (e superare) le 2,000 steals in carriera.
1 dicembre 1991 – Isiah Thomas diventa All-Time Leading Scorer dei Detroit Pistons
📅 On this day in 1991, the @DetroitPistons Isiah Thomas became the franchise’s all-time leading scorer, tallying a game-high 22 points in a 94-87 win over the Rockets.
— Justin Kubatko (@jkubatko) December 1, 2021
Thomas passed Hall of Famer Bob Lanier, who had set the mark in 1979. Thomas still holds the record today. pic.twitter.com/VdBG2a04gk
Oggi, quando nominiamo Isiah Thomas, il primo pensiero non può che andare nella direzione del feud tra lo stesso Thomas e Michael Jordan.
Uno scontro che ci ha appassionati: dalla faccenda del Dream Team del 1992 alla mancata stretta di mano, dagli incontri epici – e dalle botte – tra Pistons e Bulls al rancore mostrato da Jordan ed enfatizzato da Thomas quasi trent’anni dopo con l’uscita di The Last Dance.
Isiah Thomas era la nemesi di Michael Jordan ma, soprattutto, è ancora oggi il volto dei Detroit Pistons e di quei Bad Boys temuti da tutti.
Nella sera del 1 dicembre 1991, con i ventidue punti messi a referto nella vittoria contro gli Houston Rockets al Palace of Auburn Hills per 94-87, Isiah Thomas diventa l’All-Time Leading Scorer dei Detroit Pistons, raggiungendo i 15,493 punti e superando la leggenda Bob Lanier fermo a 15,488.
Ancora oggi, “Zeke” è leader statistico dei Pistons sia per punti (18,822), sia per assist (9,061), sia per steal (1,861) e sia per FG Made (7,194).
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