Storicamente i prospetti che arrivano in NBA tramite Draft lo fanno attraverso due vie principali: l’NCAA e l’Europa. Dopo una parentesi a cavallo tra la fine degli anni ’90 e l’inizio del nuovo millennio in cui era possibile accedere alla lega direttamente in uscita dall’high school, le regole sono cambiate, e sono fisse da ormai parecchi anni.
Un giocatore per poter entrare nella lega deve avere effettuato un anno di college, oppure aver compiuto 19 anni nell’anno solare in cui si svolge il draft. Questo significa che un prospetto in uscita dall’high school, che tendenzialmente ha 17 o 18 anni, non è obbligato a frequentare per un anno il college, ma può affidarsi a una Prep School, prendersi un anno sabbatico di stage in New Balance, oppure andare a giocare all’estero, per esempio negli Illawara Hawks.
Se non avete colto il riferimento a Josh Hall non siete fanatici dei prospetti, se non avete colto quello a Darius Bazley siete stati poco attenti negli ultimi anni, se non avete colto quello a LaMelo Ball probabilmente non seguite moltissimo l’NBA.
Ad ogni modo, proprio questi tre nomi, uniti a quello di Terrance Ferguson, sono utili per portarci a esplorare il mondo alternativo a quello del college basketball e anche a quello dell’Europa, che oggi porta sempre più giocatori nella lega. Un prospetto in uscita, o ancora all’interno dell’high school, ha oggi a disposizione almeno tre alternative al college. Ma prima di vedere quali sono, è doveroso partire dal principio e da chi ha reso tutto questo possibile.
Un po’ di storia: da Terrance Ferguson…a Jalen Green
Il nome di Terrance Ferguson non dovrebbe dirvi molto nell’NBA odierna, perché è stato un dimenticabilissimo giocatore di OKC prima, e dei 76ers poi. Dopo soli 4 anni la sua carriera NBA è quasi sicuramente terminata per limiti tecnici evidenti. Ma Ferguson ha il merito di aver fatto iniziare il programma Next Stars della National Basketball League Australiana, la NBL. Prospetto numero 11 del ranking di ESPN e Mc-Donald All-American, Ferguson era uno dei più grandi talenti liceali dell’intera nazione e, anziché accettare una delle numerose offerte dei college di prima fascia, decise di passare al professionismo, firmando per un anno con gli Adelaide 36ers, squadra di NBL.
Giocò 30 partite con le non memorabili cifre di 4.6 punti e 1.2 rimbalzi a gara, con il 38% dal campo e il 31% da tre, ma il talento e l’atletismo messo in mostra bastarono per finire al primo giro.
Ferguson si rivelò un bust, ma la sua scelta di andare oltre oceano fu la miccia che accese il Next Stars Program della NBL, che ha portato in NBA RJ Hampton, LaMelo Ball e Josh Giddey negli ultimi due anni. Il Next Stars Program è rivolto ai giocatori d’oltreoceano principalmente dagli Stati Uniti, eleggibili per il draft. I giocatori vengono messi sotto contratto in Australia per una stagione (o potenzialmente due), dopo l’approvazione della lega. Devono quindi giocare per un anno nella lega australiana e possono poi dichiararsi per il draft, oppure possono restare un secondo anno. I benefit sono di natura economica, ma non solo. Hanno infatti in programma delle sessioni di allenamento individuali con coach dedicati completamente a loro, viaggi gratuiti, vitto e alloggio e la possibilità di giocare contro dei professionisti.
Non tutti sanno che il primo giocatore a tentare la via della G League fu Darius Bazley. Il giocatore di OKC non volle giocare per Syracuse al college, ritenendo che un anno tra i professionisti fosse più utile che uno nella ACC. Tuttavia, nessun altro prospetto ebbe la sua stessa idea e quindi divenne scomodo per le franchigie di G League dotarsi di un giocatore per cui non avrebbero avuto i diritti le loro superiori in NBA. Così, Bazley ritornò sui suoi passi, accettò 1 milione di dollari come stagista da New Balance e si allenò per conto suo con Mike Miller.
Ma il suo tentativo non fu vano. Jalen Green, prospetto numero 1 della top 100 di ESPN in uscita dalla high school, dichiarò il suo intento di giocare in G League, venendo imitato poco dopo da Kuminga, Nix, Todd e Kai Sotto. Adam Silver fu più reattivo e preparato ed ideò un franchigia dedicata ai prospetti, il team Ignite, che ha portato in NBA proprio Green, Kuminga e Todd. Una franchigia che dà la possibilità ai ragazzi di studiare, li paga con contratti a sei cifre e gli consente allenamenti a tempo pieno è stata una rivoluzione, un successo nel suo primo anno di attività, ed è stata riconfermata.
La reazione della NCAA e l’ingresso a sorpresa di Overtime Elite
L’NCAA è una lega che da sempre si fonda sul dilettantismo: in cambio di una borsa di studio in una delle più prestigiose università americane, un prospetto ha la possibilità di mettersi in luce sotto la televisione nazionale giocando per i college più seguiti della nazione. Dov’è il problema? Sostanzialmente il prospetto in questione non vede un dollaro, mentre la sua alma mater guadagna milioni dai suoi diritti di immagine. Perché quindi rischiare di bruciare le chance di andare in NBA con un’annata sfortunata, se il worst case scenario è “solamente” una laurea gratis? Molti giocatori hanno iniziato a pensare che i soldi della G League e della NBL fossero più attrattivi.
Ma in realtà, lontano dai riflettori e da qualsiasi prova, sembra evidente che anche i giocatori al college ricevano qualcosa sotto banco. Perché Cade Cunningham avrebbe scelto Oklahoma State? Perché ammaliato da Stillwater e da coach Mike Boynton, o forse perché suo fratello fa parte del coaching staff? Siamo sicuri che il fratello non abbia ricevuto un cospicuo aumento?
Per motivi simili a questi James Wiseman ha dovuto interrompere la sua carriera in NCAA a Memphis dopo sole tre partite, e indagini sull’irregolarità del recruitment escono dalla NCAA ogni anno. Tuttavia, uno storico passo in avanti è avvenuto questa estate. Con l’approvazione del NIL, dal 1° luglio in moltissimi stati ogni atleta della NCAA, dal giocatore di basket al lanciatore del disco, può ricevere profitto dallo sfruttamento della propria immagine. Tuttavia, non tutti gli stati hanno approvato questa svolta storica. In ogni caso, non è concesso tutto agli atleti, che non possono ricevere uno stipendio dalle squadre del college. Vi lascio la lista di cosa si può fare e cosa no in questo completo tweet dei Miami Hurricanes.
Student-Athletes, check out this great breakdown of NIL rules. Thank you @opendorse for putting this together! #togetherwecan #NIL #nameimagelikeness pic.twitter.com/dahjCrXXpR
— UCompliance (@UCompliance) July 2, 2021
La reazione della NCAA è stata parecchio potente, benché ancora territoriale e non attiva su tutto il territorio nazionale. In tutto ciò, però, è emersa una sua nuova antagonista, Overtime Elite.
Con un investimento complessivo di oltre 80 milioni di dollari, la costruzione di un centro all’avanguardia nell’area metropolitana di Atlanta, e il sostegno economico di Jeff Bezos, Drake, Trae Young, Kevin Durant e altri oltre 25 giocatori NBA, lo scopo di Overtime Elite è quello di battere sul tempo G League e NBL. La lega, che prevede 30 studenti-atleti, è rivolta ai futuri junior e ai senior dell’high school. Si parla di giocatori dai 16 ai 18 anni di età, contattati e reclutati direttamente al liceo, con un contratto minimo di 100.000 dollari.
L’ambiziosa lega appena nata sostanzialmente anticipa sui tempi sia NCAA che NBL e G League, promettendo contratti astronomici a ragazzini minorenni, che difficilmente possono permettersi di rifiutare un’offerta tanto allettante. Poiché i junior e i senior dell’high school sono a un anno o più di distanza dalla scelta del college e reclutarli mentre frequentano il liceo è un vero colpo di genio per colpire prima che gli altri possano farlo. Anche perché Overtime Elite non ha paura di prendersi dei rischi e di investire molti soldi su chi in NBA potrebbe non arrivare mai.
Un esempio è proprio Bryce Giggs, che nella top 100 dei ranking dell’high school è attorno alla numero 40, firmato per 1.2 milioni in due anni. Un contratto fuori da ogni logica per un giocatore, che, data la posizione nel recruiting ranking, probabilmente non arriverà mai nella lega.
Ma quindi l’NCAA è in pericolo?
Se conoscete un minimo il draft NBA sapete che la stragrande maggioranza dei giocatori che arrivano al draft provengono dalla NCAA. Saprete anche che una lega tanto vasta e potente è quasi impossibile da scalzare. Nonostante gli sforzi delle concorrenti, i risultati ottenuti fin qui sono modesti, anche se vanno monitorati.
La NBL con il programma Next Stars ha messo sotto contratto Makur Maker, reduce da un anno in cui non ha quasi mai giocato ad Howard, Kai Sotto, atleta filippino che non ha mai giocato nell’Ignite, ma non solo. Una manciata di prospetti europei già in lizza per questo draft come Hukporti e Nikita Mikhailovskii hanno scelto l’Oceania, così come Ousmane Dieng, prospetto francese molto interessante. In Australia ha scelto di restare anche Mojave King, che come Josh Giddey aveva offerte in NCAA, ma ha preferito il programma nazionale.
Quanto alla G League, le reclute principali sono l’australiano in evidenza ai mondiali U19 Dyson Daniels, Jaden Hardy, numero 2 della top 100 di ESPN, e Scoot Henderson, numero 7 della top 100 (2002). Ma a rimpinguare il roster ci sono anche il prospetto a cinque stelle Michael Foster e il cinese Fanbo Zeng, che con l’indiano Princepal Singh costituisce la colonia asiatica di Team Ignite. Ma poiché Team Ignite ha posti limitati, la sua minaccia verso l’NCAA è al momento quasi inconsistente.
Diverso è il discorso per Overtime Elite e i suoi prospetti. Quasi tutti, salvo LeBron Lopez, Emmanuel Maldonado, Jai Smith, Jean Montero e Kok Yat, saranno eleggibili per il draft a partire dal 2023 o dal 2024. Questo significa che hanno preso con uno o due anni di anticipo rispetto a quanto può fare l’NCAA giocatori molto interessanti. Tra loro è pieno di recruit 5 stelle, mentre l’uomo di punta per il sembra essere Jazian Gortman, #5 della top 100 di ESPN per le reclute del 2022. Tutto ciò funzionerà? Come può una lega con 30 giocatori creare un contesto di gioco competitivo? Contro chi giocheranno i prospetti?
Sono queste le domande da farsi per capire se OTE diventerà una minaccia, ma di certo l’NCAA non è contenta di vedersi scippare di trenta talenti con potenziale da NBA più o meno ogni anno.
Tuttavia, il fatto che il NIL abbia convinto Emoni Bates e Jalen Duren a firmare per Memphis e Shaedon Sharpe a promettersi a Kentucky fa pensare che il coltello dalla parte del manico ce l’abbiano sempre i college. E d’altra parte non potrebbe essere altrimenti. La visibilità che danno le partite di un college è a volte persino superiore alla NBA, e le strutture sono molto più che all’avanguardia. Con la possibilità di guadagnare dai diritti di immagine il percorso migliore sembra essere ancora una volta quello collegiale.
Molti pensano che il contesto di Kentucky o Duke, con molti one and done tutti insieme non favorisca lo sviluppo ideale dei prospetti, che non possono mettere in mostra tutto il loro potenziale. Ma lì la colpa è nella scelta dello studente-atleta, che potrebbe benissimo scegliere un’high major o una mid major con una squadra adatta alle sue caratteristiche. Non è un caso che Jalen Suggs abbia avuto un successo enorme a Gonzaga e che Chet Holmgren abbia scelto Mark Few.
I prospetti devono frequentare il college che li prepari meglio per la NBA, e non quelli più famosi. Scegliere quindi Gonzaga, Baylor, Villanova, Alabama, Michigan piuttosto che contesti spesso disfunzionali e privi di spacing come Duke, Kentucky e UNC. Non è un caso che Brandon Boston jr. e Jalen Johnson siano colati a picco al draft nonostante un talento da top 10, ma hanno scelto loro un contesto inadatto.
In ogni caso, l’NCAA continuerà a sopravvivere proprio per tutti quei giocatori che non sanno se arriveranno in NBA e che giocano tre o quattro anni al college prima di essere pronti. Questi giocatori non verranno mai contattati da G League e Overtime Elite, ma potrebbero essere scelti in lottery o al termine di essa come Davion Mitchell e Corey Kispert, entrambi prospetti a quattro stelle.
L’NCAA dovrà piuttosto guardarsi nei prossimi anni anche dalla nascente BAL, la lega africana finanziata dalla NBA che potrebbe privarla di quei talenti mostruosi che vediamo ora in NBA come Siakam e Embiid. L’Africa è un continente a potenziale altissimo e l’NCAA prende molti giocatori da lì, così come ne recupera anche dall’Europa e dall’Asia. Se la lega africana diventerà competitiva e riuscirà a sviluppare i suoi talenti, allora l’NCAA perderebbe una parte del suo bacino africano. E perdere una parte del bacino dell’high school e dei suoi altri mercati potrebbe indebolirla.
Ma quello che è sicuro è che la solidità dell’organizzazione collegiale statunitense è veramente difficile da minare e i tentativi delle nuove leghe potrebbero anche funzionare, ma rimanere delle semplici alternative di nicchia come lo sono ora G League e NBL. In ogni caso, come sempre è il prospetto a dover scegliere la strada migliore per se stesso, e con tante possibilità è tutt’altro che semplice.
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