Nel bene e nel male, dentro e fuori dal campo, Kendrick Nunn e Tyler Herro sono stati tra i giocatori più chiacchierati delle ultime due stagioni dei Miami Heat, avendo ricoperto ruoli chiave sia nella regular season che nel corso dei playoffs, anche se in maniera differente. A distanza di circa due anni dal loro esordio, ho deciso di tirare momentaneamente le somme delle rispettive carriere paragonando il percorso che i due giocatori hanno seguito fino ad ora, iniziando dal modo con cui sono entrati nella NBA.
Esordio e prima stagione
Kendrick Nunn
Dopo tre stagioni all’University of Illinois e un anno a Oakland University, Nunn entra nella NBA dalla porta di servizio, non venendo scelto al Draft 2018 e dovendosi accontentare di un posto nel roster dei Santa Cruz Warriors, squadra della G-League affiliata agli omonimi Golden State. Il nativo di Chicago disputa una stagione eccellente, chiusa a oltre 19 punti di media, tirando con il 47% dal campo, a cui aggiunge quasi 4 rimbalzi e 3 assist, partendo solamente una volta in quintetto. Lo scopo dei Warriors, infatti, era quello di non mettere troppo in mostra la loro guardia in modo che nessuna delle altre franchigie volesse firmarlo; ma Pat Riley fiuta le occasioni anche a distanza di centinaia di miglia e così, dopo la trade deadline 2019, gli Heat firmano Nunn con un contratto triennale.
Dopo aver dominato la Summer League 2019 (chiusa a 22 punti di media, ma pur sempre di Summer League si parla), a sorpresa Coach Spoelstra decide di schierare Nunn titolare fin dalla prima partita di regular season, ottenendo risultati inimmaginabili: K-Nunn segna 112 punti nelle prime 5 partite, terzo miglior dato di sempre per una matricola negli ultimi 25 anni (dietro ai 124 di Stackhouse e ai 113 di Durant) per poi chiudere la stagione a 15.3 punti di media in 67 partite, tutte in quintetto.
Tuttavia, l’interruzione della stagione a causa del Covid-19 ha giocato un ruolo chiave nella restante parte di regular season e, di conseguenza, nei playoffs di Kendrick Nunn: poco prima di accedere alla bolla di Orlando, l’ex-Warriors è risultato positivo sintomatico al virus ed è stato costretto a entrare a Disneyworld in ritardo rispetto ai compagni e in pessime condizioni fisico-atletiche a causa della convalescenza. Nunn non è mai riuscito a riprendersi completamente: prima ha perso il posto in quintetto a favore di un Goran Dragić rivitalizzato, e poi anche quello in rotazione, venendo sostituito proprio da un indemoniato Tyler Herro.
Tyler Herro
L’ingresso nella NBA del nativo di Milwaukee, invece, è stato opposto a quello del compagno di squadra: per tutta la stagione collegiale Herro è considerato un prospetto da primo turno, e infatti i Miami Heat lo scelgono con la chiamata numero 13 del Draft 2019, con l’obiettivo di affiancarlo a Bam Adebayo per ricostruire la squadra nell’era post-Wade. Herro è entrato nella lega con la nomea di tiratore ma, come spesso accade con i prospetti provenienti da Kentucky, il suo skillset è risultato fin da subito molto più vario del previsto. In stagione regolare il rookie degli Heat è rimasto in campo oltre 27 minuti di media producendo 13.5 punti con il 39% da 3 e rendendosi protagonista di diverse azioni vincenti nei finali di partita.
Ma è ai playoffs 2020 che Herro ha ingranato una marcia in più, giocando il miglior basket della sua giovane carriera: dopo un’ottima serie contro i Pacers al primo round e un buon secondo turno contro i Bucks, il #14 degli Heat è esploso contro i Boston Celtics alle Eastern Conference Finals, demolendo la squadra del Massachusetts a suon di tiri dal palleggio e incursioni in area, raggiungendo il suo apice in una gara 4 da 37 punti di cui 17 nel quarto e decisivo periodo.
Herro chiuderà la stagione disputando una serie finale piuttosto anonima, essendo costretto a gestire un maggior carico offensivo complice la pesante assenza di Goran Dragić. Paradossalmente, quanto visto nei playoffs 2020, specialmente nella serie contro Boston, avrà ripercussioni non da poco sulla stagione successiva di Herro, sia a livello di rendimento che sul piano della narrativa che tutt’ora lo accompagna.
Stagione 2020/2021
Kendrick Nunn
L’inizio della stagione da sophomore di Nunn è stato letteralmente opposto rispetto a quello dell’anno precedente: il suo pessimo momento nella bolla di Orlando (nonostante alle Finals, chiamato improvvisamente in causa, non abbia sfigurato) l’ha privato non solo del suo spot in quintetto, a favore proprio di Tyler Herro, ma anche di un posto in rotazione . Il nativo di Chicago, però, ha saputo cogliere ancora una volta la palla al balzo quando gli Heat sono stati colpiti dal Covid-19, tornando finalmente a giocare minuti significativi venendo addirittura promosso in quintetto alla sua dodicesima partita stagionale, dopo aver giocato poco o nulla nelle prime 10.
Grazie alle sue ottime prestazioni, Nunn ha mantenuto il suo spot da titolare anche con la squadra al completo, producendo 14.1 punti di media tirando con il 39% da 3 su 6 tentativi a gara. Tuttavia, incredibile ma vero, con l’arrivo di Oladipo il giocatore a essere escluso dalle rotazioni per far spazio al neo-acquisto è stato proprio Nunn, che dopo 24 partenze in quintetto consecutive è stato inspiegabilmente rispedito in fondo alla panchina senza mettere piede in campo per i successivi 6 incontri.
Ma ennesimo cambio di rotta: la stagione di Oladipo in maglia Heat è durata solo 4 partite, e l’infortunio dell’ex-Rockets ha spalancato nuovamente le porte del quintetto al nostro beniamino; questa volta l’ex-Oakland ha sfruttato l’occasione per giocare il miglior basket in carriera, contribuendo in maniera significativa alle 13 vittorie nelle ultime 20 partite di Miami (viaggiando a quasi 17 punti con il 54% dal campo e il 40% da 3 su oltre 6 tentativi).
A differenza di Herro, tutt’ora impegnato a capire che tipo di giocatore potrà diventare tra un paio d’anni, Nunn è un giocatore fatto e finito, la cui abilità predominante è portare punti in maniera efficiente e senza avere troppo il pallone tra le mani. Grazie alle numerose entrate e uscite dal quintetto, nella metà campo offensiva l’ex-Warriors si è dimostrato complementare a tutti i giocatori del roster, grazie alla sua abilità di punire le difese sugli scarichi (88esimo percentile nella lega in questa situazione). In catch and shoot Nunn ha tirato con il 41.6% in stagione, percentuale che sale al 42.1% se si considerano solo i tiri da oltre l’arco (4.2 a notte). Se da una parte è vero che la maggior parte delle triple tentate da Nunn sono state wide open (difensore a circa due metri dal tiratore), dall’altra è evidente la propensione della guardia degli Heat nel farsi trovare pronto nel posto giusto al momento giusto.
Anche palla in mano Nunn è stato piuttosto efficiente: dal palleggio ha tirato con il 38% complessivo, ma dal midrange la percentuale si alza notevolmente, toccando un ottimo 47.1%. In particolare, il #25 di Miami è diventato abile a punire le difese drop, mandando a bersaglio con continuità conclusioni all’altezza del tiro libero dopo aver sfruttato un blocco.
La specialità della casa, però, è l’attacco al ferro; nonostante non sia un giocatore dal fisico imponente (188 cm per 86 kg), Nunn è dotato di un grande atletismo che gli consente di finire al ferro con efficacia (69.9% nella restricted area, 62% nel pitturato) sia partendo da fermo dalla linea dei tre punti, sia dopo un pick and roll.
La fase difensiva non è la specialità della casa, soprattutto a causa dei “soli” 188 cm di altezza, ma l’atletismo dirompente di Nunn e una sorprendente attenzione lontano dalla palla lo hanno reso un difensore neutrale, se non addirittura positivo, in regular season, contesto in cui il mismatch hunting non è così sfruttato.
In questa stagione, il prodotto di Oakland University è notevolmente migliorato nella difesa off the ball, riuscendo a intercettare numerosi palloni ponendosi tra le linee di passaggio, che poi ha saputo convertire velocemente nella metà campo avversaria.
Anche nella difesa 1 contro 1 K-Nunn non ha sfigurato: la sua rapidità, unita a una stazza da non sottovalutare, ha impedito che venisse costantemente cercato dagli avversari (sorte che invece è toccata a Robinson e Herro), contribuendo a rendere la difesa dei Miami Heat 2020/2021 una delle migliori della lega.
Questa solidità in entrambe le metà campo ha stupito un po’ tutti (compreso chi vi scrive), soprattutto alla luce della discontinuità nei minutaggi e nei ruoli che Nunn ha avuto durante tutto l’anno; se da una parte Kendrick è riuscito a essere molto efficiente in attacco e in difesa anche grazie al basso USG% (solo 20.9%, quinto tra i giocatori di rotazione di Miami) e al carico offensivo ridotto, dall’altra è ammirevole come abbia saputo reagire al duro trattamento riservatogli dal coaching staff, che spesso ha scelto di relegarlo in panchina a discapito di giocatori meno pronti nonostante abbia sempre risposto bene dopo periodi non semplici da gestire.
Tyler Herro
Come anticipato pocanzi, a inizio stagione Tyler Herro si è preso meritatamente il posto in quintetto sull’onda dei sorprendenti playoffs giocati poco più di due mesi prima; nella bolla di Orlando, l’ex-Kentucky sfoggiò quella che ancora oggi dovrebbe essere la sua miglior qualità, ovvero la shot creation: in uscita dalla panchina si dimostrò essere un giocatore capace sia di essere pericoloso su tre livelli (tiro da 3, tiro dalla media e incursioni al ferro) che di coinvolgere i compagni dopo aver attirato le attenzioni della difesa su di sé.
Il sogno di Spoelstra e Riley, però, si è infranto dopo poche partite, con Herro che non ha saputo gestire al meglio il suo nuovo ruolo da creatore titolare: nonostante i 17.6 punti di media nelle prime 10 partite, Tyler non è riuscito a essere affidabile con la palla tra le mani (3.8 assist medi a fronte di 2.8 palle perse) litigando tremendamente con il ferro (una costante della stagione) e convertendo i tiri dalla lunga distanza con un misero 30% su oltre 5 tentativi.
Con Herro titolare (14 partite) Miami ha mantenuto un record di 5 vinte e 9 perse (bilancio che diventa 7-14 con quelle saltate per un infortunio al collo) e Coach Spoelstra si è visto costretto a dichiarare momentaneamente fallito l’esperimento “Point-Herro” restituendo il posto in quintetto a Goran Dragić.
Il nativo di Milwaukee disputerà la parte centrale della stagione lontano dai riflettori, senza tuttavia trovare mai continuità a causa di diversi fastidi fisici e qualche sbandata fuori dal rettangolo di gioco, ritornando però in grande spolvero nella parte finale della regular season: nelle 6 gare conclusive (5-1 di record), Herro segnerà 16.7 punti di media tirando con il 54% dal campo, il 49% da 3 su quasi 6 tentativi a cui aggiungerà quasi 6 rimbalzi e 4 assist.
Come anticipato, le difficoltà in attacco relative al suo decision making sono state evidenti fin dall’inizio della stagione: a causa di una forma fisico-atletica ancora insufficiente per poter rivestire un ruolo di creatore con continuità (196 cm per soli 88 kg), Herro ha avuto difficoltà nel battere il proprio difensore dal palleggio anche dopo un pick and roll, e come conseguenza si è spesso trovato in aria con tutte le linee di passaggio oscurate, situazione che l’ha costretto a forzare passaggi al rollante o improbabili scarichi ai compagni disposti sul perimetro.
Per quanto Herro abbia un discreto ball handling e un buon footwork, la mancanza di forza nella parte alta del corpo e di esplosività nelle gambe gli ha impedito di battere con continuità anche difensori sulla carta più lenti ma fisicamente più imponenti.
Nonostante questo, il suo tocco sopraffino gli ha consentito di segnare con discreta continuità tiri difficili fuori equilibrio, facendo emergere la sua abilità nel contorcersi in area per evitare la stoppata. Tyler ha mandato a bersaglio il 64.5% delle conclusioni tentate nella restricted area, riuscendo spesso a compensare la sua mancanza di esplosività con angoli di appoggio proibitivi evitando così di essere stoppato.
Purtroppo, il suo fisico gracile gli impedisce di guadagnare viaggi in lunetta con continuità: sono solo 2.2 i liberi di media in stagione, in calo rispetto ai 2.6 dei playoffs di Orlando. Herro dovrà assolutamente migliorare in questo fondamentale per diventare uno scorer affidabile in grado di punire le difese anche nelle serate in cui il tiro da fuori non entra.
Come Kendrick Nunn, anche Herro è stato affidabile dal midrange, segnando da quella zona del campo con un ottimo 42.9% (quasi il 70% di queste conclusioni non sono state assistite) e risultando anch’egli efficace nel punire le difese drop dei lunghi avversari nei pick and roll.
In situazioni di spot up, invece, ha avuto problemi per quasi tutta la stagione, salvo poi riprendersi nella parte finale: prima di questo stretch conclusivo di 6 partite di cui abbiamo parlato sopra, Herro ha tirato con il 36.8% da 3 punti in situazioni di catch and shoot, e non è neanche stato in grado di punire la difesa quando questa gli ha concesso metri di spazio, convertendo triple open e wide open con un non esaltante 34.8% complessivo. Tuttavia in passato Herro ha dimostrato di essere un affidabile tiratore da fermo dalla lunga distanza (44.2% nella sua stagione da rookie), di conseguenza, considerando anche l’ottimo tocco, è possibile che quella appena conclusa sia stata solamente un’annata storta al tiro.
Passiamo ora alla difesa, vero tallone d’Achille di Herro nonché uno dei motivi per cui non ha convinto quando è partito in quintetto. Delle sue scarse doti fisico-atletiche ne abbiamo già parlato sopra (e in tutto questo una wingspan di soli 191 cm sicuramente non lo aiuta), e aggiungiamo una scarsa concentrazione sia lontano dalla palla che in 1 contro 1 e un pessimo atteggiamento rinunciatario nella propria metà campo ecco che otteniamo uno dei peggiori difensori della lega tra le guardie.
Herro ha difficoltà nel contenere qualsiasi tipo di giocatore, faticando anche contro giocatori più lenti e meno rapidi di lui. Inoltre, viene costantemente cercato dagli attacchi avversari che approfittano della sua presenza in campo per segnare punti facili. Tutto ciò perché l’ex-Kentucky è molto spesso troppo alto sulle gambe e quindi poco reattivo alle partenze o ai cambi di direzione degli attaccanti.
La scarsa concentrazione con cui gioca nella propria metà campo lo porta a saltare su qualsiasi finta, costringendo così la difesa a ruotare anche quando non ce ne sarebbe la necessità, situazione che si ripresenta quando lontano dalla palla è disattento e subisce tagli dietro la schiena.
Dato lo stato attuale delle cose, è difficile pensare che Herro possa diventare un difensore anche solo neutrale, motivo per cui continuerà a essere il bersaglio preferito dagli attaccanti avversari; è compito suo, però, cercare di sopperire alle sue mancanze fisico-atletiche giocando con un atteggiamento opposto rispetto a quello visto finora, dato che anche quest’anno, seppur molto raramente, ha dimostrato di poterlo fare.
Se si guardano le aspettative di inizio anno, derivate da quanto visto nella bolla di Orlando, la stagione di Tyler Herro non può che essere stata deludente, per i motivi elencati sopra. Tuttavia, col senno di poi, queste aspettative erano probabilmente troppo alte per essere rispettate, essendo basate su un sample size piuttosto ridotto di una stagione molto particolare. Herro si è dimostrato non pronto per il ruolo da creatore che Coach Spoelstra sperava di cucirgli addosso, ma una volta assorbito l’impatto con la cruda realtà, ha saputo rispondere bene. In ogni caso, personalmente ritengo che questo salto di qualità di Herro sia stato solamente rimandato di un anno: magari non diventerà mai il creatore che gli scorsi playoffs ci hanno fatto credere, ma con il talento di cui dispone è difficile non aspettarsi un importante salto in avanti nel suo gioco, a prescindere dalla squadra in cui giocherà.
Bilancio complessivo
Giunti fin qui vi starete chiedendo come mai, visto che per Nunn ho espresso solo parole al miele mentre con Herro sono stato più critico, il giocatore più chiacchierato tra i due, nonché quello che viene inserito in qualsiasi scambio, sia il giovane nativo di Milwaukee. Kendrick Nunn è un buon giocatore, avrà una carriera decennale nella NBA da comprimario, con picchi di alto livello in regular season, e molto probabilmente al giorno d’oggi è un giocatore migliore di Herro; tuttavia il fatto che sia un giocatore fatto e finito con quel determinato skillset e che, a quasi 26 anni, abbia appena concluso la sua annata da sophomore lo rendono meno appetibile per le altre squadre e non così irrinunciabile per gli Heat.
Viceversa, Tyler Herro non solo ha l’età dalla sua (21 anni compiuti a gennaio), ma ha anche un talento decisamente maggiore rispetto a quello di Nunn, oltre a un bagaglio tecnico che, se sviluppato correttamente, lo renderebbe un giocatore estremamente versatile nella metà campo offensiva. Per ora con Herro si parla molto di potenziale: è evidente che debba ancora lavorare molto su diverse parti del suo gioco per diventare un giocatore su cui fare davvero affidamento, ma per il momento considerare casuali i picchi visti quest’anno e, soprattutto, negli scorsi playoffs, sarebbe un peccato mortale.
Un’estate movimentata
Sia per Nunn che per Herro, l’offseason che si prospetta all’orizzonte potrebbe essere parecchio movimentata, nonostante i due, ancora una volta, si trovino in situazioni piuttosto differenti tra loro.
Kendrick Nunn
Una volta conclusa la stagione corrente, Kendrick Nunn sarà a tutti gli effetti restricted free agent, il che vuol dire che il giocatore potrà scegliere la squadra con cui firmare il suo prossimo contratto, con gli Heat che, però, potrebbero pareggiare qualsiasi offerta per trattenerlo (oppure offrirgli una qualifying offer da circa 2 milioni per tenerlo un’altra stagione qualora non dovesse ricevere altre offerte). Nunn si è quasi sempre rivelato un giocatore utile per Coach Spoelstra e molto probabilmente avrebbe un posto in rotazione anche il prossimo anno; il problema è che l’ex-Santa Cruz Warrior, molto probabilmente, vorrà monetizzare sfruttando le due ottime stagioni che si è appena lasciato alle spalle e, secondo John Hollinger di The Athletic, potrebbe ricevere offerte attorno ai 15 milioni annui, cifra che gli Heat non sono disposti a spendere. Per questo motivo, ci sarà da stupirsi se Nunn il prossimo anno tornasse a vestire la casacca degli Heat, nonostante la sua storia sia stata una delle più felici della franchigia della Florida negli ultimi anni.
Tyler Herro
Il prodotto di Kentucky University, invece, ha un altro anno di contratto con gli Heat (prima team option già esercitata dalla squadra) più un quarto, sempre sotto team option, che Miami potrà esercitare nei prossimi mesi. Questa apparente sicurezza finanziaria, però, non deve trarre in inganno: Herro attualmente è la pedina di scambio con più valore per i Miami Heat (a esclusione degli intoccabili Butler e Adebayo), nonostante una stagione molto altalenante e deludente sotto certi aspetti.
Per sfruttare il prime di Butler (che a settembre compirà 32 anni), la giovane guardia ex-Kentucky potrebbe essere inserita in uno scambio per portare sotto il sole di South Beach un giocatore più esperto e più utile nell’immediato per provare un’altra cavalcata alle Finals. Fallito il tentativo per Harden (sempre che ci sia stato), i nomi che circolano sono sempre gli stessi: Bradley Beal, C.J. McCollum, Kyle Lowry (tramite sign-and-trade) e, dulcis in fundo, Damian Lillard. Vedremo se questa volta Riley riuscirà a piazzare il colpo, anche se le poche scelte scambiabili in possesso degli Heat potrebbero far partire la franchigia della Florida in una posizione di svantaggio rispetto alle altre pretendenti.
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