Preview Suns-Nuggets: tutto ruota intorno a Jokić

a Jokić
Copertina di Matia Di Vito

Negli ultimi due anni, gli incontri tra Phoenix e Denver ci hanno regalato diversi finali al cardiopalma: dalla stoppata di Craig che decise il supplementare a favore di Denver all’inizio della scorsa stagione al doppio overtime nell’ultimo incontro dell’annata in corso, passando per il game winner di Murray sopra le braccia protese di Baynes nel dicembre 2019 e il supplementare nella prima di due gare in back-to-back in quel di Phoenix a gennaio 2021.

Due sono stati però i fili conduttori di queste ultime sei sfide: il primo, l’impronta di Jamal Murray, nella maggior parte dei casi decisivo nei finali di gara e migliore in campo; il secondo, la superiorità di Denver, che ha vinto in cinque occasioni su sei (e in tutte e quattro le occasioni sopra citate). Non è dunque un caso che – alla luce dell’infortunio del canadese – le carte in tavola paiano essere cambiate: i Suns si presentano ai cancelli di partenza da favoriti nonostante le condizioni precarie della spalla destra del loro animale totem Chris Paul, anche perché se c’è una squadra che può recriminare per lo stato di salute in previsione di questa serie, quella sono certamente i Denver Nuggets.

Denver è stata la squadra che più si era rafforzata in vista dell’obiettivo finale durante la trade deadline di marzo, acquisendo Aaron Gordon dagli Orlando Magic e facendo fare il percorso opposto a un giovane di belle speranze (RJ Hampton) e a un importante tassello del roster troppo spesso infortunato (Gary Harris).

Questa ragione, unita all’infortunio al crociato anteriore sofferto da Jamal Murray, rendono gli incontri della Regular Season una mera curiosità statistica: rispetto agli ultimi due incontri, lo starting five di Denver è cambiato in quattro dei suoi cinque elementi (a Harris e Murray si uniscono l’infortunato Barton e la crescita repentina di Michael Porter Jr.).

I loro avversari dell’Arizona, invece, possono vantare una continuità invidiabile: i titolari sono gli stessi di inizio stagione, e sono rimasti tali se non per qualche partita e per ragioni dettate più da sperimentazioni col roster che da infortuni. Alla luce di ciò, la serie che sta per cominciare può anche essere vista come uno scontro tra l’improvvisazione (forzata, sia ben chiaro) della franchigia del Colorado e la continuità dei Suns.

Quest’ultimi hanno da poco messo a tacere gli scettici che sostenevano che avrebbero pagato l’inesperienza in ambito playoff (noi per primi), e si presentano alla serie cavalcando l’onda dell’entusiasmo derivante dalla vittoria contro i campioni uscenti dei Lakers e dalla prestazione maiuscola in gara 6 di Devin Booker. I Nuggets si sono invece sbarazzati in sei gare dei Portland Trail Blazers in quella che era stata bollata dai media americani come “NBA TV series”, cioè una serie dai potenziali ascolti così bassi da essere relegata alla televisione di proprietà della lega e non trasmessa dalle principali reti nazionali, ma che ha poi regalato uno scontro pieno di spunti tattici e un classico che resisterà allo scorrere del tempo come gara 5, che verrà ricordata negli annali come la partita in cui Lillard mise a referto 55 punti e 10 assist, senza però che la sua Portland riuscisse ad avere la meglio su Denver.

Le serie che si sono da poco concluse e hanno portato qui le due franchigie hanno una caratteristica in comune: a un certo punto, la bilancia della contesa sembrava pendere in maniera molto decisa dalla parte dei loro avversari. Questo ci dice molto del carattere delle due squadre: senza usare il termine “resilienti” che molto va di moda oggigiorno, si può dire che siano due squadre mai dome, che cercano pazientemente il punto debole del loro avversario per sfruttarlo a proprio vantaggio (anche se nel caso di Phoenix l’ago della bilancia è stato con ogni probabilità l’infortunio di Anthony Davis), comandate da due giocatori, Jokić e Paul, che plasmano il gioco a loro piacimento e danno alla sfida il ritmo a cui a loro piace danzare.

Punto 1: Transizione o high pick&roll, quale veleno preferirebbero bere i Nuggets e perché?

Pur concludendosi con il passaggio del turno, la serie contro Portland ha messo in evidenza molte delle carenze difensive dei Nuggets, in particolare i due aspetti in cui Denver ha più faticato sono la transizione difensiva e la difesa del pick and roll. Partendo da quest’ultima, i problemi avuti nel gestire i giochi a due tra Lillard e Nurkić sono destinati a palesarsi nuovamente contro Phoenix: due tiratori dal palleggio del calibro di Chris Paul e Devin Booker non possono essere ignorati, giocare drop coverage senza difensori POA di livello assoluto sarebbe una condanna a morte per la franchigia del Colorado. Jokić non ha né la rapidità né le energie per cambiare sulle guardie, di conseguenza è più che probabile che Coach Malone propenda per una difesa “Show”.

Questa tattica difensiva prevede che Nikola esca alto sul blocco avversario, minimizzando le possibilità di tiro dal palleggio e diminuendo la visione del ball handler avversario. Il prezzo da pagare è lasciare momentaneamente libero il rollante, sul quale successivamente in aiuto dal lato debole ruota uno tra Porter Jr. e Aaron Gordon, ali con spiccato atletismo e dimensioni importanti, capaci di contenere anche alcuni centri avversari. Tale scelta difensiva obbligata dalla presenza di Jokić è già stata messa a durissima prova nel primo turno da un lungo di peso come Nurkić e la situazione potrebbe peggiorare con DeAndre Ayton al suo posto.

Il bahamense ha doti fisiche e atletiche spiccate che finalmente nella sua serie d’esordio ai playoff sono state sfruttate al meglio: in queste sei gare Deandre è stato utilizzato maggiormente da rollante e l’intera selezione di tiro è cambiata, portandolo a concludere quasi esclusivamente al ferro, dove è stato mostruoso. Ha chiuso il primo turno tra i leader nella lega per true shooting, statistica in cui ha registrato un clamoroso 77.8%. Probabilmente gli esterni di Denver non avranno modo di contenere Ayton sotto canestro, soprattutto quando riceverà dinamicamente.

I limiti difensivi dei Nuggets vengono ulteriormente esposti in transizione difensiva, situazione nella quale in regular season sono stati la peggiore squadra della lega. Jokić, di scuola europea, quando rientra in difesa per prima cosa tende sempre a occupare la propria area, strategia che lo porta spesso a non accoppiarsi con tiratori pericolosi sul perimetro o a essere in ritardo nel caso in cui gli avversari attacchino con un pick and roll nei primi secondi dell’azione.

Lo show in ritardo del serbo spesso si conclude con un comodo assist per il rollante su cui, con la difesa non ancora del tutto schierata, non sempre a ruotare è un’ala; anzi, è comune che sia una delle minute guardie di Denver a doversi confrontare con il centro avversario. In questo caso, il risultato è fin troppo scontato:

In conclusione, la presenza di creatori del calibro di Booker e Paul e la mancanza di una reale soluzione per i pick and roll avversari metteranno a dura prova la scricchiolante difesa a metà campo dei Nuggets, tuttavia quello che Denver non si può proprio permettere è concedere spesso a Phoenix la possibilità di attaccare in transizione, in quel caso la serie potrebbe concludersi davvero molto rapidamente.

Punto 2: Come difendere Jokić? Raddoppiare o non raddoppiare? Cambiare o non cambiare?

La strategia difensiva di Portland nella serie contro Denver è sembrata azzeccata per le prime quattro gare della serie: difendere Jokić in 1vs1, e dunque raddoppiare il serbo il meno possibile in modo da lasciare pochi spazi per i tagli dei suoi compagni e limitare i vantaggi che le doti di passatore del futuro MVP generano.

Oltre a questo, Nurkić in primis ha cercato di impedirgli facili canestri al ferro a costo di lasciargli prendere tiri più comodi dal midrange e dall’arco. Il mantra è stato dunque il solito che accompagna spesso i grandi creatori di gioco: se Jokić ne fa 35 a partita segnando canestri difficili, ci va bene; non vogliamo che siano gli altri quattro in campo a batterci con facili tiri generati da Jokić stesso, e se saranno poi proprio loro a segnare in maniera efficiente su tiri che si sono creati da soli, ci va bene ugualmente.

Le statistiche di Jokić sono dunque fedele riflessione della strategia di Portland e parlano di 33 punti a notte, segnati con una true shooting del 63% (53% dal campo, 43% da 3 e 92% dal tiro libero), accompagnati da quasi 11 rimbalzi e “solamente”, almeno per gli standard del miglior lungo passatore di sempre, 4.5 assist. Probabilmente Stotts aveva messo in conto cifre simili, ma non aveva previsto prestazioni come quella di Austin Rivers in gara 3, o quelle di MPJ e Morris in gara 5 e 6, che hanno poi di fatto decretato la sconfitta di Portland. Può Monty Williams prendere qualcosa da quanto visto nella serie appena conclusa?

Probabilmente sì, e per due fattori: primo, Phoenix è una squadra con una struttura difensiva molto migliore di Portland, probabilmente la migliore tra le otto rimaste in gioco; secondo, anche Coach Williams dispone di un centro fisico da poter sguinzagliare contro il serbo. Ancor prima della buona serie giocata contro i Lakers, durante la stagione regolare Ayton ha dimostrato di essere uno dei migliori difensori in isolamento e 1vs1 dell’intera lega, grazie alla sua versatilità e alla prestanza fisica.

Jokić stesso ha avuto parole al miele per il giovane bahamense dopo la doppia sfida in back-to-back di gennaio, definendolo addirittura eccezionale, complimento al quale Ayton ha risposto eleggendo il serbo come miglior centro della lega. I complimenti sono seguiti a una serie di ottimi possessi difensivi giocati da Ayton proprio in isolamento e in post contro Jokić, occasione di gioco quest’ultima occorsa nove volte nelle due gare e in cui è riuscito a segnare in sole due occasioni per un totale di quattro punti.

Ayton ha stazza, piedi agili, mani veloci e comprensione del gioco tali da poter pensare di rallentare il centro avversario (anche perché la serie contro i Trail Blazers ha appena dimostrato come sia impossibile fermarlo del tutto) anche in uno contro uno, e pertanto è verosimile che questa sarà la strategia adottata da Coach Williams. L’unico aspetto del gioco difensivo di Ayton che Jokić potrebbe esporre è la poca propensione alla difesa perimetrale: una delle ragioni per cui la prima scelta assoluta del draft 2018 è stato così efficace nella serie contro i Lakers è stata la presenza di un centro fisico e costantemente nei pressi del canestro perché privo di tiro come Andre Drummond.

I minuti giocati da Marc Gasol hanno evidenziato una certa riluttanza di Ayton nel seguire l’avversario in punta o in angolo, ma – a differenza del catalano – Jokić possiede un arsenale di movimenti in post e un’aggressività nell’attaccare il mismatch che rendono virtualmente impossibile l’assegnamento difensivo a chiunque altro che non sia Ayton. Lo stesso Crowder, probabilmente il più fisicamente prestante a roster dopo Ayton, avrebbe possibilità pressoché nulle in marcatura su di lui: è dunque improbabile che i Suns si affidino in maniera estesa allo switching. Ricapitolando: no raddoppi, no cambi, solo 1vs1 e sperare che Ayton sappia sopravvivere da solo su un’isola contro Jokić (e che quest’ultimo non lo carichi troppo di falli, destino che accomuna tutti i suoi marcatori).

Ci saranno dunque notti in cui Jokić si accenderà dal perimetro e farà dubitare che la difesa in 1vs1 di Ayton sia la strada giusta, ma le alternative sono peggiori: Kaminsky non ha la velocità di piedi e gli istinti difensivi per opporsi a lui, e Šarić potrebbe risultare troppo leggero, sebbene la serie contro i Nuggets potrebbe essere a lui più congeniale di quella appena conclusasi. Phoenix dovrà dunque convivere con l’eventualità di un Joker che segna triple in sequenza, perché questa rappresenta comunque una minaccia minore rispetto alla potenza da fuoco che il playmaking del serbo può innescare.

I Suns, una delle migliori squadre della lega se non la migliore nelle rotazioni difensive e nel levare facili tagli a canestro con aiuti puntuali, si affideranno dunque all’intelligenza off ball di Jae Crowder per limitare gli spazi che ogni azione giocata da Jokić in punta può creare. Quel che è lecito aspettarsi è che il numero 99, fresco di imitazione di LeBron in chiave ballerino salsa, parta su Gordon, forse l’unico del quintetto di partenza Nuggets la cui marcatura sul perimetro possa essere abbandonata senza remore per portare raddoppi o aiuti altrove.

Sarà dunque compito di Mikal Bridges difendere il pericolo pubblico numero 2, cioè Michael Porter Jr.: MPJ ha centimetri per tirare in testa a chiunque, ma l’apertura alare di Mikal e la sua abilità nel forzare l’attaccante a prendere tiri complicati male non faranno. L’aspetto del gioco di Bridges che più può infastidire Porter Jr. è la sua abilità di rubare e deviare palloni, che potrebbe risultare tanto più importante contro un attaccante ancora restio e incerto nel mettere palla a terra, a maggior ragione alla luce della pessima difesa in transizione che contraddistingue i Nuggets.

Punto 3: Come possono gli infortuni ed i recuperi influenzare la serie?

Ogni fan dello spettacolo vorrebbe vedere affrontarsi squadre sempre a pieno regime, soprattutto ai playoff, ma purtroppo questa serie sarà fortemente influenzata dai problemi fisici avuti da giocatori chiave di entrambe le compagini.

A mettere ulteriormente in difficoltà il reparto guardie di Denver, già privo di Jamal Murray, sono stati i problemi fisici di altre due guardie della rotazione di Malone: Will Barton e PJ Dozier, entrambi out da più di un mese. Il loro rientro permetterebbe ai Nuggets di rispettare la regola aurea dei playoff: non far scendere in campo giocatori con impatto negativo sulla partita.

Eliminare i minuti di Marcus Howard e Shaquille Harrison sostituendoli con degli starter caliber player sarebbe un notevole upgrade per la rotazione dei Nuggets. Barton e Dozier difatti garantirebbero un sensibile miglioramento nella difesa perimetrale ma soprattutto darebbero un boost importante alla creazione secondaria di Denver, al momento deficitaria di uno scorer in grado di segnare con costanza dal palleggio.

Entrambi non saranno disponibili in gara 1 e sulle condizioni fisiche dei due non ci sono notizie aggiornate da almeno un mese. La sensazione è che il rientro di Barton sia prossimo e Malone in una recente intervista non ha escluso la possibilità di vedere anche Dozier in azione più avanti nella serie.

Dal lato Suns ovviamente a preoccupare è la salute della spalla destra di Chris Paul. “The Point God” ha subito un duro colpo nella prima partita dei playoff ed è lampante che finora non sia riuscito a recuperare pienamente. Nel primo turno CP3 è sembrato a dir poco limitato in ogni movimento in cui veniva coinvolta la spalla destra, in modo particolare nei jumpshot.

Paul ha evitato il più possibile il tiro da tre punti, affidandosi principalmente a conclusioni dal midrange, ottenendo scarsi risultati: complessivamente ha convertito i tentativi al di fuori dei 3 metri con un preoccupante 36.3% di effective FG. Ovviamente i Lakers hanno provato a sfruttare al massimo le difficoltà del veterano, lasciandolo completamente solo sul perimetro e non facendosi problemi a far cambiare i lunghi su di lui, consci del fatto che avrebbe dovuto attaccare il ferro per prendere una conclusione minimamente efficiente.

Fortunatamente il dolore alla spalla non ha inciso sulle abilità di passatore del futuro Hall of Famer, che come sempre è stato ottimo nel mettere in ritmo i compagni (7.7 assist con 5.1 di AST/TO ratio) ma per Phoenix sarebbe importante ritrovarlo anche come scorer.

Un CP3 a mezzo servizio potrebbe essere comunque sufficiente ai Suns per il passaggio del turno ma lascerebbe uno spiraglio di speranza a Denver. Al contrario se i giorni avuti di riposo dovessero avere permesso a Paul di tornare a uno stato di forma vicino al 100%, a prescindere dal rientro di Barton e Dozier la serie sarebbe molto indirizzata a favore della franchigia dell’Arizona.

Pronostico

A.B.: I Suns cominciano la serie con i favori del pronostico, ma credo che molto dipenderà dall’evoluzione degli infortuni e degli acciacchi che contraddistinguono queste gare: in Barton e PJ Dozier Denver avrebbe un’opzione in più sia in termini di creazione dal palleggio che di difesa perimetrale, mentre un Chris Paul completamente sano (o infortunato più gravemente) cambierebbe del tutto le prospettive di Phoenix. Supponendo uno scenario mediano per gli infortuni, è verosimile pensare che Phoenix abbia un roster migliore e più profondo, ma che Denver abbia il miglior giocatore della serie in Jokić, che con ogni probabilità verrà eletto MVP della lega fra pochi giorni. Sono rare le occasioni in cui chi ha il miglior giocatore della serie finisce per uscire sconfitto, ma credo che il divario di talento tra i due roster sia significativo e i punti di forza di Phoenix si accoppino bene con le debolezze di Denver. Ciononostante, il serbo darà filo da torcere ai Suns e la natura dei Nuggets è quella di squadra tignosa: dico Suns in 7.

Ale B.: Jokić e compagni venderanno cara la pelle, soprattutto a Mile High City, ma in questo momento la differenza di talento tra le due squadre è piuttosto netta. Se Ayton riuscisse a contenere il serbo in single coverage senza caricarsi di falli, difensori come Bridges, Crowder e Craig sarebbero liberi di occuparsi di Porter Jr. e Gordon a tempo pieno, andando a limitare la produzione di giocatori chiave per l’attacco di Denver. Il rientro di Barton e Dozier o un Chris Paul ancora limitato al tiro sono incognite che potrebbero allungare la serie ma a parere mio i Suns passeranno il turno in massimo 6 gare.

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Andrea Bandiziol
Andrea, 31 anni di Udine, è uno di quelli a cui potete scrivere se gli articoli di True Shooting vi piacciono particolarmente. Se invece non vi piacciono, potete contattare gli altri caporedattori. Ha avuto la disgrazia di innamorarsi dei Suns di Nash e di tifare Phoenix da allora.
Alessandro Benassuti
Alessandro, studente di economia e pallanuotista, nel tempo libero finge di capire qualcosa di basket. La sua passione sono gli small market, in particolare Oklahoma City e Denver per le quali tifa al di là del risultato. Si vanta di essere il miglior cuoco della redazione di True Shooting.